Una rassegna sui materiali plastici antimicrobici

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Gli imballaggi alimentari in plastica contengono sempre più spesso agenti antimicrobici per prolungare il tempo di conservazione degli alimenti.

Questi agenti vengono di solito inseriti nelle pellicole polimeriche, che devono ovviamente aver proprietà di trasparenza, flessibilità, resistenza, rigidità e barriera all’ossigeno e all’umidità.

Una rassegna di studiosi universitari cinesi (T. Huang et al., Polymers, 11, 560, 2019; doi:10.3390/polym11030560) ha descritto sistematicamente i materiali plastici antimicrobici più utilizzati negli imballaggi alimentari, soffermandosi sia sui materiali plastici sia sugli agenti antimicrobici.

Materiali plastici più utilizzati negli imballaggi antimicrobici

I materiali polimerici per l’imballaggio alimentare possono essere non biodegradabili e biodegradabili.

I polimeri non biodegradabili includono principalmente:

*il polivinilcloruro (PVC), che è flessibile, morbido, tenace e facile da termosaldare;

*il polipropilene (PP), che resiste bene al vapore acqueo ed ha un alto punto di fusione, che lo rende adatto per il confezionamento ad alta temperatura;

*il polietilene a bassa densità (LDPE), che è il più economico tra i materiali polimerici, resiste bene al vapore acqueo ed ha una buona trasparenza, ma non offre una buona barriera all’ossigeno e all’anidride carbonica;

*il polietilene ad alta densità (HDPE), che è più rigido e meno trasparente dell’LDPE;

*il poli(etilene-co-vinilacetato) (EVA) molto usato per la sua elevata adesività, non tossicità, buona trasparenza ed elasticità;

*il poli(etilene tereftalato) (PET), che ha una buona resistenza meccanica, una buona tenacità e facilità di lavorazione.

Nei paesi in cui l’accumulo in discarica è il metodo principale di gestione dei rifiuti, l’uso di materiali polimerici biodegradabili è il più promettente anche per gli imballaggi antimicrobici, che includono principalmente:

*l’acido polilattico (PLA), che è non-tossico e solubile in acqua. Purtroppo è molto permeabile ai gas e al vapore acqueo, e questo ne limita l’uso agli imballaggi di breve durata, oltre a far sì che venga solitamente usato in forma modificata o in compositi con altri polimeri aventi una bassa permeabilità;

*la cellulosa, che è il polimero biodegradabile più abbondante in natura, ma la sua sensibilità all’acqua ne limitano le applicazioni;

*l’amido, che ha il vantaggio di offrire una barriera all’olio, ma resiste poco al vapore acqueo a causa della sua struttura molecolare, che contiene molti gruppi idrofili;

*il chitosano, che può essere ottenuto in forma di pellicole mediante tecniche di estrusione e stampaggio a pressione. Tali pellicole vengono spesso usate per prolungare il tempo di conservazione degli alimenti freschi grazie alle loro proprietà antimicrobiche.

L’articolo completo uscirà sul numero di Ottobre della Rivista Macchine Alimentari.