Seppure con difficoltà e incertezze l’Economia Circolare progredisce nel nostro Paese. La posizione del settore “food” e le prospettive di crescita delle pratiche di circolarità.
L’Economia Circolare è uno dei due pilastri fondamentali della transizione ecologica, l’altro è la decarbonizzazione. Senza l’Economia Circolare, ossia senza soluzioni strutturali che ci consentano di soddisfare la domanda di beni e servizi (costantemente in crescita a livello globale) con una riduzione del fabbisogno di materie prime (soprattutto quelle critiche, con i possibili impatti della loro scarsità), non saremo in grado di mantenere la sostenibilità – ma non solo ambientale – del nostro sistema economico.

La rilevazione 2024 di Energy &Strategy Group del Politecnico di Milano, che ha coinvolto un campione di oltre 550 imprese, rappresentative del tessuto industriale del nostro Paese in 8 macrosettori, tra i quali il settore alimentare e quello degli imballaggi, mostra che quasi una impresa su due (il 42% per la precisione) ha adottato almeno una pratica di Economia Circolare (Figura 1). Tuttavia, il 36% delle imprese è ancora “scettico” sull’adozione dell’Economia Circolare, tanto da dichiarare di non avere un piano per adottarle anche nel futuro, mentre il 22% del campione ha comunque manifestato l’intenzione di integrare pratiche circolari nel proprio business.
Esiste però una differenza estremamente significativa relativamente alla dimensione delle imprese: coloro che adottano l’Economia Circolare tra le grandi imprese sono il 46% (in crescita rispetto all’anno precedente) e sono solo il 28% gli scettici, mentre a mano a mano che si scende di dimensione le percentuali si avvicinano, sino ad arrivare alle PMI dove gli scettici (il 39% e in crescita) superano chi le adotta (37%).
La finanza “circolare”
Il sistema finanziario riveste un ruolo fondamentale nella transizione verso un’economia circolare, indirizzando i capitali verso investimenti che favoriscono questo innovativo modello economico. In particolare, i “green bond” emessi dalle principali banche italiane hanno raggiunto un valore complessivo di quasi 8 miliardi di euro, segnando una crescita superiore al 74% rispetto all’anno precedente. Questo dimostra un impegno crescente da parte del settore finanziario nel supportare progetti orientati alla sostenibilità. Parallelamente, il settore della consulenza in ambito sostenibilità sta registrando un’espansione significativa.
L’appena trascorso 2024, ha visto questo mercato raggiungere un valore di 0,8 miliardi di euro, rappresentando il 13% del totale del mercato della consulenza in Italia. Tale crescita, pari al 25% rispetto all’anno precedente, evidenzia un interesse crescente verso pratiche che riducano l’impatto ambientale e promuovano soluzioni circolari, riflettendo una sensibilità crescente verso le tematiche ambientali. Nonostante i progressi, la crescita nei settori degli enti di certificazione, degli studi legali e della formazione appare più contenuta. Questi attori, pur adattandosi gradualmente alle nuove esigenze della transizione verso l’Economia Circolare, avanzano ad un ritmo inferiore rispetto ad altri comparti.
La loro presenza sul territorio nazionale risulta inoltre disomogenea: mentre il Nord Italia concentra un numero significativo di queste risorse, il Sud rimane in gran parte privo di un supporto strutturato. A livello nazionale, tra i primi 50 studi legali italiani per fatturato, il 54% offre servizi dedicati alla sostenibilità e all’Economia Circolare, ma sono concentrati in massima parte in Lombardia e Lazio, regioni caratterizzate da un ecosistema imprenditoriale attivo e da iniziative orientate all’innovazione sostenibile, mentre nel Sud Italia, questi servizi risultano praticamente assenti, segnalando una scarsa diffusione delle pratiche di Economia Circolare nelle grandi realtà legali del Meridione.
Analogamente gli enti di certificazione svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere la transizione verso l’Economia Circolare, offrendo servizi di verifica conformi a norme come ISO, EMAS ed EASI. Gli enti abilitati a certificare in ambiti legati alla circolarità rappresentano solo circa il10% del totale, ed anche qui quasi completamente assenti nel Sud Italia, evidenziando un ulteriore divario territoriale che limita l’accesso a tali servizi.

Normativa in evoluzione
L’evoluzione della normativa si orienta verso un maggior “peso” della Circolarità nel reporting di sostenibilità ed una maggiore “concretezza” degli strumenti di misura. Nel 2024, a livello normativo, si è assistita ad una chiara accelerazione della regolamentazione rispetto agli aspetti rendicontativi legati all’Economia Circolare, destinata a trasformare il mercato e a guidarlo verso pratiche più sostenibili. La Direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) introduce per la prima volta standard unici per la rendicontazione di sostenibilità, gli European Sustainability Reporting Standard (ESRS), sviluppati dall’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) su mandato della Commissione Europea.
Tra questi, lo standard ESRSE5 dedicato a “Uso delle risorse ed Economia Circolare” rappresenta un passo cruciale per armonizzare la rendicontazione sui temi della circolarità. Parallelamente, la Tassonomia dell’UE, un sistema di classificazione per identificare attività economiche sostenibili, si integra con i nuovi criteri tecnici di valutazione entrati in vigore a inizio 2024 e che includono esplicitamente la transizione verso un’Economia Circolare. Nel contesto internazionale, l’Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione (ISO), dopo cinque anni di lavoro, ha pubblicato nel 2024 una serie di nuovi standard che forniscono un linguaggio comune e una guida dettagliata per l’attuazione dei principi di Economia Circolare.
L’insieme di queste normative e standard internazionali rappresenta una spinta decisiva verso la piena integrazione dei principi di sostenibilità nelle attività economiche. Sebbene il panorama italiano evidenzi alcune carenze strutturali, il rafforzamento della rendicontazione e l’allineamento alle pratiche internazionali potranno contribuire a colmare queste lacune, spingendo il mercato verso un futuro più circolare, responsabile e persino più competitivo. (Figura 2).
I risparmi
Sostenibilità non solo ambientale, ma anche economica, anzi opportunità in tal senso. Nel corso del 2024 si è registrata una crescita dei risparmi ottenuti grazie all’adozione delle pratiche di Economia Circolare nei macrosettori del comparto manifatturiero italiano analizzati di circa 0,8 Mld €. Complessivamente, quindi, l’Economia Circolare in Italia genera un risparmio economico complessivo annuale di oltre 16,4Mld € (Figura 3).

Questo risultato corrisponde al 14% del potenziale stimato di risparmio pari a 119 Mld € ottenibile al 2030, considerando gli otto macrosettori di cui si è detto sopra. Al raggiungimento del potenziale di risparmio stimato al 2030 rimane comunque un notevole divario di 103 Mld €, per cui sarebbe necessario conseguire un risparmio annuo aggiuntivo di 14Mld € da qui al 2030. Queste considerazioni accentuano l’importanza posseduta dalla Economia Circolare in tema di sostenibilità del nostro sistema economico, quindi non solo di quella ambientale.
Le criticità
Si è già accennato come il rapporto 2024 metta in luce come – soprattutto tra le piccole imprese – sia ancora elevata la difficoltà ad adottare modelli di business circolari. Si tratta della ben nota complessità nel trasformare in circolari modelli che sono nati secondo un approccio lineare, e ciò riduce il tasso di adozione tra le imprese di più piccole dimensioni. Per questo tipo di aziende si sente maggiormente la mancanza di un’integrazione efficace tra i diversi attori coinvolti, che combinata con l’assenza di standard consolidati rappresenta una sfida cruciale.
Questa frammentazione, infatti, rende difficile per le imprese accedere a un’assistenza coordinata e strutturata, limitando la loro capacità di adottare e implementare strategie circolari in modo completo. L’adozione dell’economia circolare in Italia è infatti guidata prima di tutto dalla consapevolezza del top management, dalla presenza di incentivi normativi e, da ultimo, da una crescente attenzione all’impatto ambientale. Tuttavia, le aziende devono affrontare ostacoli significativi, tra cui l’incertezza normativa e gli alti costi iniziali. Superare queste barriere è fondamentale per accelerare la transizione verso modelli circolari sostenibili.

Prospettive
In Italia l’Economia Circolare sia spesso identificata solamente con il riciclo virtuoso dei rifiuti, dove il nostro Paese vanta buoni risultati, ma ciò comporta un ritardo, tra i grandi Paesi europei, per gli investimenti privati in Economia Circolare vista come soluzione strutturale (Figura 4). I risultati ottenuti sottolineano inoltre come l’impegno delle aziende sia attualmente orientato verso la valorizzazione del fine vita dei prodotti tramite l’ottenimento di materie prime-seconde da prodotti o materiali di scarto, a scapito delle pratiche incentrate su design ed estensione dell’utilizzo.
Dal ricorrente e prezioso Report del Politecnico si evince comunque come lo sguardo delle imprese verso il futuro appaia più ottimistico, come evidenziato dall’incremento delle aziende che si vedono comunque pronte per la prossima implementazione di pratiche di Economia Circolare (22% nel 2024), a scapito di quelle che non hanno alcun interesse ad adottarla.