Quando si parla di burro di cacao si è portati a pensare che non esistano tipologie differenti tra loro, se non il fatto che sia o meno deodorizzato. In realtà esistono fattori che portano a ricredersi in merito a questo convincimento e qui di seguito cercheremo di approfondirli.
Tino Carrega
Sappiamo che con il termine burro di cacao si intende il grasso naturalmente presente nei semi del cacao dai quali viene estratto, in seguito a lavorazioni successive, soprattutto per pressatura meccanica; esistono, comunque, altri metodi meno efficaci e in linea generale, la qualità di prodotti così ottenuti è inferiore a quella del burro di cacao da pressione, oltre che determinare comportamenti chimico-fisici diversi. Al di là delle caratteristiche chimiche intrinseche della composizione del burro di cacao, ciò che è di fondamentale importanza da un punto di vista tecnologico è dato dal suo particolare comportamento alla fusione e solidificazione.
Allo stato solido esso si presenta come una massa compatta di colore bianco-giallo, mentre allo stato liquido si presenta di colore giallo intenso. Da un punto di vista operativo e tecnologico si utilizza quasi sempre allo stato fuso, liquido. La composizione del burro di cacao è costituita da una miscela di gliceridi diversi, per cui non è possibile parlare di un esatto punto di fusione, ma di un intervallo di fusione. Riscaldando del burro di cacao solido a temperature di 27-30°C, normalmente, questo si rammollisce, mentre il punto di limpidezza, corrispondente alla temperatura alla quale il grasso è completamente fuso e limpido, è generalmente al di sopra dei 36-38°C.
Per evitare problemi di improvvise e inaspettate solidificazioni è bene che nel processo produttivo il burro di cacao venga costantemente mantenuto a temperature comprese tra i 40-50°C. L’aspetto più importante è comunque legato al fatto che il burro di cacao presenta delle spiccate caratteristiche di “polimorfismo” (capacità di solidificazione secondo più di una forma cristallina) e di “monotropismo” (una sola delle forme possibili è stabile, le altre sono instabili e passano spontaneamente, in un periodo di tempo più o meno lungo, alla forma stabile). Le possibili forme cristalline vengono normalmente denominate con lettere greche: le principali forme sono dalle più instabili alle più stabili, le forme α, β’ e ɣ.
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