Le nuove frontiere della tecnologia per prodotti alimentari stabili, clean label e smart.
Eleonora Galli
Le emulsioni giocano un ruolo fondamentale nell’industria alimentare, essendo alla base di numerosi prodotti come maionese, condimenti, salse, bevande proteiche, prodotti da forno e gelati. Queste miscele eterogenee, costituite da due liquidi immiscibili – tipicamente acqua e olio – stabilizzate da agenti tensioattivi o proteine, sono cruciali per conferire consistenza, sapore e stabilità ai prodotti alimentari. Un esempio classico è la maionese, un’emulsione olio-in-acqua, dove minuscole goccioline di olio sono disperse in una fase acquosa grazie all’azione emulsionante della lecitina del tuorlo d’uovo.
Le emulsioni sono sistemi termodinamicamente instabili per natura. Questo significa che, in assenza di un continuo apporto di energia o di stabilizzanti, tendono spontaneamente a separarsi nelle loro fasi originali, poiché il sistema cerca di minimizzare la propria energia libera. La formazione di un’emulsione comporta un aumento dell’area interfacciale tra le due fasi, e quindi un aumento dell’energia libera: è proprio questa instabilità intrinseca che rende necessario l’uso di agenti emulsionanti o tecnologie di processo per conferire stabilità. Dal punto di vista fisico, l’instabilità delle emulsioni può manifestarsi attraverso diversi meccanismi:
- Flocculazione, ovvero l’aggregazione delle goccioline senza fusione, dovuta a interazioni attrattive come le forze di van der Waals.
- Coalescenza, in cui le goccioline si fondono formando gocce più grandi, con conseguente riduzione dell’area interfacciale.
- Creaming o sedimentazione, processi di separazione gravitazionale dovuti a differenze di densità tra le fasi.
- Ostwald ripening, cioè la diffusione delle molecole della fase dispersa da gocce piccole a gocce più grandi, guidata dalla differenza di pressione interna (legge di Laplace), che porta a una crescita graduale delle goccioline maggiori a scapito di quelle più piccole.
Tutte queste reazioni fisiche compromettono la qualità del prodotto finale durante lo stoccaggio o il trasporto. Questo è particolarmente problematico in un contesto in cui il consumatore richiede sempre più prodotti “clean label”, ovvero privi di additivi sintetici come stabilizzanti o emulsionanti chimici. Le proteine alimentari, come la caseina, l’ovalbumina o il glutine, vengono comunemente utilizzate come stabilizzanti naturali. Tuttavia, la loro struttura tridimensionale rigida può ostacolare un’efficace interazione con altre molecole, limitando la loro capacità funzionale in termini di adsorbimento all’interfaccia olio-acqua e di formazione di membrane viscoelastiche stabili.
Tecnologie di emulsificazione
Per rispondere a queste problematiche, l’industria alimentare e la ricerca scientifica hanno sviluppato diverse tecnologie di emulsificazione, che mirano a ottenere goccioline più piccole e uniformi, aumentare la stabilità nel tempo e ridurre la necessità di additivi sintetici. Tra le tecniche più consolidate si annoverano:
- Omogeneizzazione ad alta pressione, che sfrutta pressioni elevate per disgregare le gocce e ottenere una distribuzione più fine e omogenea.
- Microfluidizzazione, una tecnica basata sul passaggio del fluido attraverso microcanali con gradienti di velocità elevatissimi, che consente di ottenere emulsioni molto fini e stabili.
- Tecnologia a ultrasuoni, che sfrutta la cavitazione acustica per generare microesplosioni in grado di rompere le gocce.
- Pickering emulsions, emulsioni stabilizzate non da tensioattivi, ma da particelle solide come nanocellulosa, polveri proteiche, polimeri o materiali funzionalizzati. Queste particelle si adsorbono in modo irreversibile all’interfaccia olio-acqua, creando una barriera fisica contro la coalescenza.
In questo panorama tecnologico si stanno affermando approcci innovativi basati sull’uso dei campi magnetici per la formazione e la stabilizzazione delle emulsioni. Questa innovazione si inserisce nella più ampia tendenza verso tecnologie non termiche, in grado di modificare le proprietà molecolari degli ingredienti alimentari (come le proteine), ma anche di introdurre nuove modalità di processo, come la magnetoidrodinamica.
L’applicazione dei campi magnetici, sia statici che pulsati, consente di: modulare la struttura delle proteine per migliorarne le proprietà emulsionanti; attivare materiali funzionalizzati come nanoparticelle o polifenoli; stabilizzare emulsioni Pickering con funzionalità avanzate; abilitare sistemi intelligenti a rilascio controllato tramite stimoli esterni.
Queste tecnologie, già testate in prodotti reali come la maionese, stanno trasformando le emulsioni alimentari in sistemi multifunzionali dinamici, in grado di rispondere a pH, temperatura o stimoli magnetici. Ciò apre nuove opportunità per la nutraceutica, il design alimentare e la sostenibilità industriale, ponendo i campi magnetici al centro della prossima generazione di emulsioni alimentari.

Campi magnetici e fondamenti teorici
L’applicazione dei campi magnetici nella scienza degli alimenti è un’area in crescita, che si basa su principi fisici consolidati. In ambito alimentare, si distinguono tre principali tipologie di campo magnetico: campi statici (SMF): hanno intensità e direzione costante nel tempo. Influenzano il comportamento di ioni e dipoli permanenti, modulando fenomeni come la cristallizzazione o la formazione di strutture idrate; campi alternati (AMF): variano nel tempo in maniera sinusoidale. Sono più energici e possono generare riscaldamento locale tramite correnti parassite; campi pulsati (PMF): costituiti da impulsi brevi ad alta intensità.
Sono usati per ottenere effetti mirati e non termici, come la modificazione della tensione superficiale o l’unfolding proteico. Dal punto di vista fisico, gli effetti si spiegano attraverso: forza di Lorentz: agisce sulle particelle cariche in movimento, provocando deviazioni e interazioni con flussi liquidi, utili per la rottura delle gocce in emulsione o l’orientamento dei componenti; orientamento dei dipoli: il campo può orientare molecole come l’acqua o le proteine, influenzando le proprietà interfacciali e la formazione di membrane stabilizzanti; risonanza magnetica molecolare: in alcuni casi, l’energia del campo può favorire riarrangiamenti strutturali o transizioni conformazionali (es. aumento coil random nelle proteine).
Interazioni con componenti alimentari
- Acqua: il campo può influenzare l’organizzazione molecolare e i legami idrogeno, facilitando la riduzione della tensione superficiale.
- Proteine: esposizione ai campi può provocare unfolding parziale, esponendo gruppi idrofobici e carichi, con incremento della capacità di adsorbimento interfacciale.
- Lipidi: la coalescenza delle gocce lipidiche può essere ritardata, migliorando la stabilità dell’emulsione.
Interazioni con metalli e materiali magneticamente attivi
- Diamagnetici (es. acqua, proteine, la maggior parte degli alimenti): sono respinti dal campo magnetico. I loro effetti sono lievi ma presenti, specialmente in sistemi disordinati come colloidi.
- Paramagnetici (es. ossigeno disciolto, alcuni ioni metallici come Fe²⁺): interagiscono positivamente con il campo, e la loro presenza può accentuare la risposta del sistema.
- Ferromagnetici o superparamagnetici (es. nanoparticelle di ossidi di ferro usate in Pickering emulsions): mostrano forti interazioni, che possono essere sfruttate per guidare, stabilizzare o rompere strutture colloidali in modo controllato. Alcuni studi mostrano che un campo magnetico può disancorare le particelle interfacciate, rompendo le emulsioni o, al contrario, aiutando a formarle a seconda delle condizioni di intensità e direzione del campo.

Applicazioni sperimentali: evidenze dalla letteratura scientifica
Nel caso delle proteine, Jiang et al. (2024) hanno dimostrato che, in condizioni di elevata salinità (0,4-0,6 mol/L NaCl), l’applicazione di un campo magnetico (3,8 mT, 3 h, 4°C) migliora le proprietà delle emulsioni a base di proteine miofibrillari, favorendo l’esposizione di residui alifatici e le interazioni idrofobiche. Il trattamento ha ridotto la dimensione delle gocce, aumentato la forza del gel e la capacità di trattenere acqua, accompagnato da una riorganizzazione strutturale verso α-eliche.
In un altro studio, Liu et al. (2023), hanno osservato che l’applicazione di campi ultramagnetici (5-20 T) alle proteine del siero induce profonde ristrutturazioni molecolari: riduzione dell’α-elica, aumento del contenuto di β-sheet e formazione di nuovi gruppi funzionali (come COOH e ponti disolfuro SS). Questi cambiamenti si traducono in una migliore emulsificabilità, maggiore capacità schiumogena e migliori proprietà di assorbimento di acqua e olio. Un ulteriore esempio viene da Liu et al. b (2023), in cui il pretrattamento con campi magnetici a bassa frequenza (LF-MF) facilita la formazione di fibrille amiloidi da globulina di pisello (PG). Le PG trattate (MPG) hanno generato fibrille più lunghe, flessibili e con un elevato rapporto di forma rispetto a quelle native.
Le fibrille risultanti (MPGF) hanno mostrato migliori proprietà funzionali, tra cui solubilità, stabilità dell’emulsione, capacità schiumogena e gelificante. Oltre alle proteine, l’attenzione si è spostata anche su altri ingredienti funzionali. Chen et al. (2024) hanno dimostrato che un campo magnetico a 3 mT migliora le interazioni non covalenti tra globulina di cocco e acido tannico, favorendo il rilassamento strutturale della proteina, aumentando l’idrofobicità superficiale e migliorando la stabilità e la funzionalità delle emulsioni Pickering, senza causare ossidazione dell’acido tannico e con applicazioni promettenti anche nella stampa 3D.
In uno studio complementare, Odani et al. (2024) hanno esplorato l’utilizzo di gradienti elettromagnetici combinati con flussi turbolenti, mostrando che questa configurazione favorisce una ristrutturazione dinamica delle interfacce, migliorando l’efficienza distributiva delle fasi e consentendo un rilascio più controllato dei nutrienti, aprendo la strada a formulazioni alimentari “intelligenti” reattive agli stimoli esterni. Infine, un’innovazione di natura più ingegneristica è stata proposta da Kerkhofs et al. (2011) con lo sviluppo di un sistema magnetoidrodinamico per la produzione di maionese.
In questo dispositivo, denominato M4E (Magnets for Emulsions), le due fasi immiscibili vengono pompate attraverso un sistema Venturi immerso in un campo magnetico ortogonale. Il risultato è un’emulsione stabile con gocce di dimensione simile a quelle ottenute con i tradizionali agitatori ad alta velocità, ma senza la necessità di componenti meccanici in movimento. Oltre a semplificare il processo e ridurre il consumo energetico, la maionese prodotta con questo metodo ha mostrato una viscosità superiore, indice di maggiore stabilità e qualità del prodotto finito.
Conclusione
In conclusione, l’integrazione di campi magnetici e materiali funzionalizzati rappresenta una frontiera promettente per l’innovazione nelle emulsioni alimentari. Le evidenze sperimentali dimostrano che tali approcci non solo migliorano la stabilità, la funzionalità e la struttura delle emulsioni, ma aprono anche nuove possibilità per il rilascio controllato di nutrienti e l’impiego di tecnologie più sostenibili. Queste soluzioni, ancora in fase di sviluppo, potrebbero rivoluzionare la formulazione di alimenti funzionali e intelligenti nel prossimo futuro.
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