Nitriti e nitrati sono largamente utilizzati, in concentrazioni estremamente variabili, come conservanti nelle carni. Tuttavia, questi additivi, se assunti in elevate quantità, possono avere un impatto negativo sulla salute dei consumatori. In questo studio, viene presentato un monitoraggio su larga scala per verificare le differenze tra i più importanti prodotti carnei (13 in totale) consumati in Italia.
I campioni sono stati prelevati presso esercizi commerciali secondo il criterio della causalità e sono stati analizzati mediante cromatografia ionica con rivelazione elettrochimica conduttimetrica. La concentrazione più elevata di nitriti è risultata pari a 103.0 mg/kg ed è stata quantificata in un campione di wurstel di pollo. La concentrazione media di questi additivi registrata su tutti i prodotti (12.5 mg/kg) non è particolarmente elevata ed è compatibile con un buon livello di sicurezza alimentare.
I livelli medi più elevati di nitriti sono stati quantificati nei campioni di wurstel e bresaola (rispettivamente 29.7 e 30.1 mg/kg), mentre i livelli più bassi sono stati rilevati nelle salsicce stagionate (media: 6.2 mg/kg). Questi additivi sono risultati non quantificabili nei campioni di prosciutto crudo e capocollo. La valutazione del rischio associato ha consentito di identificare i wurstel ed il prosciutto cotto come i prodotti che contribuiscono maggiormente all’apporto di nitriti da prodotti carnei.
I livelli medi più elevati di nitrati, invece, sono stati quantificati nei campioni di speck (95.2 mg/kg) e di bresaola (150.4 mg/kg), mentre i livelli medi più bassi (<19.7 mg/kg) sono stati rilevati nelle carni in scatola, nel prosciutto cotto e nei campioni di pollo e tacchino al forno. Per quanto riguarda la valutazione del rischio associato, il prosciutto crudo è il prodotto che contribuisce maggiormente all’apporto complessivo.
In conclusione, è possibile affermare che i wurstel sono caratterizzati da livelli mediamente più elevati di nitriti, mentre bresaola e speck da livelli più elevati di nitrati. Al contrario, i prodotti nei quali sono state registrare le concentrazioni più basse di entrambi gli additivi sono quelli di carne in scatola.
Riferimento bibliografico: Berardi et al., Italian Journal of Food Safety, 12, 2023, 23-24.