Pellicole trasparenti, anti-UV e antimicrobiche a base di nanofibre di legno

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Per ridurre al minimo l’impatto ambientale della plastica sono state sviluppate diverse strategie mirate a sostituirla con sostanze biodegradabili, provenienti da fonti rinnovabili e a basso grado di tossicità.

In questo quadro, ha sollevato un notevole interesse la possibilità di usare dei polimeri naturali per produrre pellicole, come ad esempio le fibre lignocellulosiche.

Queste fibre sono un esempio di biomassa e sono molto abbondanti in natura, essendo presenti in tutte le specie vegetali. I componenti principali della lignocellulosa sono la cellulosa, l’emicellulosa e la lignina, presenti in diverse percentuali nella biomassa a seconda del tipo di vegetale da cui provengono, della sua provenienza geografica e, all’interno di una stessa specie, presenti in rapporti diversi a seconda della parte di vegetale che si considera (ad esempio pe runa pianta il fusto oppure le foglie).

In particolare, l’emicellulosa contiene polisaccaridi solubili in acqua, mentre la cellulosa e la lignina contengono rispettivamente polisaccaridi non solubili in acqua e polimeri aromatici naturali. La lignina ha alcune proprietà uniche: idrofobicità, capacità di assorbire la luce ultravioletta (UV) e proprietà antiossidanti.

Grazie a queste proprietà, la lignina è già stata studiata come componente per produrre pellicole per il confezionamento alimentare, soprattutto grazie alla sua capacità di bloccare i raggi ultravioletti (UV), che com’è noto sono i maggiori responsabili della degradazione degli alimenti. Anche la cellulosa è interessante per gli imballaggi alimentari: le fibre di cellulosa sono state usate per produrre materiali di dimensioni nanometriche, come ad esempio le nanofibre di cellulosa e i nanocristalli di cellulosa.

Questo è un estratto dell’articolo che uscirà sulla rivista Macchine Alimentari a novembre. Puoi richiedere il numero o abbonarti alla rivista clicca qui