Articolo 62, un argomento scottante

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Dario Dongo, avvocato ed editorialista legislativo giuridico nazionale e comunitario (www.ilfattoalimentare.it), premette che “il provvedimento si applica a tutti i contratti Business to Business che hanno per oggetto la cessione di prodotti agricoli e alimentari con consegna in Italia e al complesso delle relazioni commerciali che gravitano attorno. Nella norma rientrano gli acquisti da parte della GDO e della distribuzione tradizionale, hotel, ristoranti e pubblici esercizi. Sono invece esclusi i conferimenti in cooperativa da parte dei soci imprenditori. I tre pilastri dell’art.62 riguardano in primo luogo l’obbligo di formalizzare per iscritto gli elementi essenziali del contratto, di cui va indicata anche la durata se l’accordo non esaurisce i propri effetti in una singola operazione.

Dario Dongo, avvocato ed editorialista legislativo giuridico nazionale e comunitario (www.ilfattoalimentare.it)

Altro punto riguarda i termini legali di pagamento. Questo significa che dal 24 ottobre 2012, le merci devono essere pagate entro un termine certo; questo termine è fissato in 30 giorni per i prodotti deperibili (tutti i tipi di latte, prodotti a base di carne che rispondono a determinati requisiti chimico-fisici, alimenti la cui scadenza o termine minimo di conservazione risulta minore di 60 giorni), che diventano 60 giorni per i non deperibili. Le fatture dovranno essere separate in caso di consegne di prodotti soggetti a tempi di pagamento diversi. Va considerato nullo e soggetto a punizione del debitore ogni accordo teso a dilazionare i pagamenti. Ultimo ma non meno importante “pilastro” riguarda le pratiche commerciali sleali. Questo significa dovranno essere vietate molte pratiche ritenute sleali e vessatorie per il venditore, come per esempio sconti/contributi incondizionati o comunque non proporzionati rispetto alle attività promozionali del distributore, nella misura in cui esse siano state richieste, effettivamente eseguite e di valore congruo. Pratiche sinora ampiamente diffuse dovranno venire interrotte subito ed eliminate dai contratti entro il termine ultimo del 31/12/2012. I controlli sono affidati in primis all’Autorità garante per la concorrenza e il mercato e a tutti gli organi di polizia giudiziaria con potere di intervento anche d’ufficio”.

Perché da Confindustria, Coldiretti, Cofgri, CNA tutti cercano un’interpretazione dell’art.62?

“Come ogni rivoluzione grande o piccola che sia – prosegue Dongo – anche l’art. 62 è causa di reazioni scomposte e garbugli. Sorge un dubbio non tanto su quali parti siano tutelate dalla norma (le imprese fornitrici di prodotti agricoli e alimentari), quanto piuttosto su chi rappresenti quali interessi. Sul fronte commerciale, era prevedibile che la GDOsi opponesse a un sistema di regole che le impongono sia dei termini ragionevoli e indifferibili di pagamento, sia la fine di pratiche commerciali vessatorie nei confronti dei fornitori. La distribuzione tradizionale e i pubblici esercizi provano a ignorare o aggirare le nuove regole. Confartigianato e la ConfederazioneNazionaledell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA), scisse tra chi produce e chi acquista, rimanderebbe volentieri la questione avvalendosi di un’ennesima proroga. Anche il fronte agricolo è spaccato: mentre i coltivatori diretti (Coldiretti e CIA) e le cooperative di produttori (Confagri) plaudono all’art.62, Confagricoltura esita, nel timore forse di compromettere i rapporti con i grandi clienti”. Per Dongo “la reazione industriale rimane la più difficile da capire. E’ chiaro il sollievo dei produttori di mangimi (Assalzoo) che sono riusciti a ottenere una garanzia di pagamento a 75 giorni (media ponderata sul termine legale di 60 giorni fine mese), come da prassi. Confindustria, dal canto suo, ha curiosamente preso le parti della GDO a fronte del rischio di ostacolare la cementificazione del paese e la costruzione di nuovi centri commerciali. La Federazionealimentare (Corriere Economia, 12 novembre 2012) è invece “in cerca di rapporti più equilibrati” che peraltro appaiono in linea con le richieste di Federdistribuzione: si vorrebbero di fatto introdurre “criteri di flessibilità e di derogabilità”, nell’ottica di “coordinare l’art.62 con la disciplina di recepimento della direttiva UE sui ritardi di pagamento”. Si tratta di una convergenza di interessi quasi sospetta che merita un approfondimento”. Dongo si chiede “che cosa mai succederebbe se venisse introdotta la possibilità di derogare dai termini certi di pagamento fissati dall’art.62 per la compravendita di prodotti agricoli e alimentari?” E risponde: “E’ molto semplice: alcuni grandi gruppi industriali potrebbero decidere di accordare ai loro clienti tempi più lunghi per pagare le loro merci. Inoltre, altre industrie (e più in generale le PMI), non essendo dotate di altrettante risorse finanziarie, sarebbero invece costrette a chiedere i pagamenti entro i termini di legge, o comunque in tempi ragionevolmente brevi”. “Non serve – sottolinea Dongo – una laurea in economia per comprendere le conseguenze di un tale scenario sulla competizione interna alla filiera agroalimentare: il pesce grande mangia i piccoli. Non s’era forse tutti nello stesso acquario? A parole, forse. E la concorrenza basata sulla qualità-prezzo dei prodotti, la governance? Resta da chiedersi perché il problema dei ritardi di pagamento affligga solo Italia, Grecia e Spagna: i tempi medi in Germania sono di 24 giorni, e non c’è bisogno di emanare una legge ad hoc”. “La direttiva sui ritardi di pagamenti (dir. 2011/7/CE) – conclude Dario Dongo – si integra più che bene con l’art.62, per almeno due ragioni: in primo luogo perché il legislatore comunitario esplicitamente ammette l’adozione di norme nazionali più stringenti a salvaguardia dei creditori (le parti tutelate dalla normativa, e in secondo luogo perché la direttiva garantisce termini inderogabili di pagamento alle imprese che forniscano servizi (come quelli di ristorazione, per esempio) alla Pubblica Amministrazione. L’intera filiera può dunque trarre giovamento, anche in caso di interfaccia con enti pubblici”.

Effetto deflagrante

“La problematica che si è creata intorno all’art.62 – commenta il nostro anonimo interlocutore* – è complessa perché di per sé l’art.62 rappresenta un momento di crisi dei rapporti della filiera agroalimentare; infatti se è necessaria una legge che interviene dall’esterno per regolare dei rapporti contrattuali che nella teoria generale delle cose, ma soprattutto in quella del diritto, sono rapporti liberi specie in un libero mercato come quello comunitario, significa che qualche problema c’è. Questo problema deriva dal fatto che gli anelli della filiera sono collegati l’uno all’altro, per cui è logico che il produttore non può vivere senza il cliente, il fornitore non può vivere senza il produttore, il contadino non può vivere senza il resto della filiera che provvede alla commercializzazione dei suoi prodotti. In conclusione, tutti tendono a mantenere dei buoni rapporti con le parti che stanno a monte e a valle, cioè con gli anelli contigui della filiera, però è evidente che qualcosa non ha funzionato. Si sono tenuti dei tavoli di lavoro tra le diverse parti che, negli anni passati, non hanno dato gli esiti sperati; c’è inoltre un’indagine conoscitiva dell’Autorità Garante per la Concorrenzae il Mercato ancora esistente ma ferma al 2010. Aun certo punto, è stato inevitabile intervenire con una norma. La gravità della situazione sta proprio nel fatto che lo Stato, con la sua legge, si è dovuto inserire per correggere gli evidenti errori di sistema a tutela di una parte debole del rapporto, così come era avvenuto per i consumatori già negli anni ‘90”. “E’ evidente che l’Europa ha avuto un occhio di riguardo nei confronti dei rapporti di filiera attraverso diverse normative incentrate sui ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali, e questo ha fatto sì che il legislatore italiano si rendesse finalmente conto che nel mercato dell’agroalimentare c’era da fare qualcosa in più, cioè intervenire in maniera rigida. E quando si interviene con delle norme rigide su un mercato, imponendo determinati obblighi, tempistiche e adempimenti, è evidente che si venga a creare una situazione di stravolgimento rispetto a quello che era lo status quo ante. Questo ha determinato una deflagrazione in tutti quanti i comparti rappresentativi dei singoli soggetti della filiera. La reticenza a dare delle risposte in merito all’art.62 da parte di tutti i componenti della filiera è dovuto quindi al fatto che tutte quante le parti sociali interessate sono divise al loro interno e che non c’è una linea di pensiero condivisa sull’art.62; questo sia per chi ne trae dei vantaggi, sia per chi cerca di svicolare alla norma, sia per chi cerca di ottenerne il rispetto. Tutti, evidentemente, devono paventare una sorte di insoddisfazione per la norma e nessuno può rallegrarsene perché, se qualcuno fosse contento e manifestasse il proprio entusiasmo, verrebbe bersagliato da chi contento non è”.

Sanare gli squilibri

“L’articolo interviene prescrivendo obbligatoriamente contratti scritti laddove prima non erano previsti e, nella grande generalità dei casi, prevede di inserire termini di pagamento obbligatori estremamente brevi rispetto alla prassi precedente – specie che contraddistingueva i rapporti tra industrie molto forti e fornitori molto deboli, tra distributori molto forti e industrie molto deboli – dove esisteva dunque uno squilibrio significativo tra le parti, e rafforza la tutela delle parti deboli nei confronti delle condotte sleali. Tutto questo si traduce in un qualcosa di abbastanza grave nella sua portata perché si dice a dei soggetti che erano abituati da anni a rapporti di forza unilaterali nei confronti dei loro fornitori, che questi comportamenti non sono più ammessi, come pure non lo sono più i contratti non negoziati, le imposizioni al di fuori dei contratti, le richieste di sconti, di premi, di compensi non dovuti o per prestazioni non erogate o erogate parzialmente. Come pure non sono più ammesse condotte che consentono delle marginalità a determinati soggetti economici a fronte di un mercato che invece non le consente. Questo è, in buona sostanza, il motivo per cui l’art.62 hadestato tanto scompiglio e nessuno ne vuole parlare”. Ma quali sono gli anelli più deboli? Gli agricoltori? Il nostro interlocutore osserva che “il soggetto che in questo momento si trova tra i due fuochi è l’industria di trasformazione perché da una parte deve acquistare e dall’altra deve vendere e si ritrova davanti a monte il comparto agricolo che politicamente, anche se spaccato al proprio interno, è molto forte. Prova ne sia che sono esenti dai provvedimenti le cooperative e, con la recente modifica dell’art.62, le cessioni tra imprenditori agricoli. A questo si aggiunge che sono esenti le organizzazioni di produttori che nel precedente regime di aiuti di Stato erano vincolate a quindici giorni di pagamento dei propri soci mentre adesso li possono pagare liberamente. La distribuzione organizzata,la GDO, è ovviamente reticente a qualsiasi tipo di contrattazione negoziata, reciproca e bilaterale e continua ad assumere atteggiamenti sottobanco che si traducono in imposizioni unilaterali. Quindi, tra una parte che tradizionalmente è favorita e diventa più forte, cioè quella agricola (chi non è esente comunque è favorevolmente appoggiato nella politica di pianificazione dei rapporti con l’industria), e i rapporti con la distribuzione che invece non vengono a essere toccati come si doveva, e cioè riequilibrati nei rapporti con l’industria, chi ne fa le spese è ovviamente chi sta in mezzo perché si viene a trovare nella posizione più critica. Specie le piccole/medie imprese di cui l’Italia è costellata, vedono che le cooperative, le organizzazioni di produttori, gli imprenditori agricoli e chi più o meno legittimamente si avvale di questi tipi di sistemi, anche oltre ciò che era stato pensato per questi sistemi, gode di determinati benefici e quindi restano soffocate dal confronto competitivo. Il rischio è che in questo sistema, se non adeguatamente portato all’attuazione attraverso una serie di controlli, di giusti adattamenti legislativi, etc. vada a creare un danno alle PMI. Quanto alla distinzione in 30 giorni per il pagamento dei prodotti deteriorabili e in 60 per quelli non deteriorabili, il nostro interlocutore osserva che “questa distinzione è uno degli aspetti che andrebbe maggiormente rivisitata a livello di modifica legislativa, nel senso che andrebbero parificati i termini. Infatti la lista dei prodotti deteriorabili crea indebite discriminazioni: non si capisce il motivo per cui il latte UHT o un prodotto carneo, comunque conservato, per esempio, debbano essere considerati deteriorabili, mentre altri prodotti con analoga durabilità non lo siano. Tali discriminazioni che investono il mondo dell’industria rischiano di provocare una spaccatura interna insanabile”. Il nostro interlocutore conclude: “Il mio auspicio è che la norma venga effettivamente bilanciata meglio e che vada a incidere davvero sui rapporti in cui c’è un grave squilibrio tra le parti, cioè grandi industrie e piccoli agricoltori, industrie e grandi gruppi della distribuzione che hanno centrali d’acquisto, super centrali, etc., tenendo fuori quelli che non c’entrano nulla e che invece si sono trovati coinvolti. Se questo non dovesse accadere, e se gli sforzi non si concentreranno su questi rapporti che vedono una parte debole confrontarsi con una parte forte, non ci sarà nessun tipo di vantaggio dall’art.62”.    

 L’e-book “Articolo 62: una rivoluzione”

Dario Dongo, avvocato specializzato in diritto alimentare, è l’autore della prima e unica guida che affronta il tema di come cambieranno le relazioni commerciali e i pagamenti nella filiera agroalimentare dopo l’entrata in vigore della legge 27 del 24.3.12. In formato e-pub, la guida è composta da 58 pagine più un fascicolo di bibliografie e allegati. Il costo è di 15 euro. L’e-book, scaricabile al sito www.ilfattoalimentare.it è stato scritto in esclusiva e il 10% dei ricavi della vendita verrà devoluto a Oxfam, al progetto “Just to let you know that l’m alive”, sulla tragedia delle donne Saharawi nel Sahara Occidentale.