Nei prodotti da forno (vari tipi di pane, grissini, biscotti, prodotti lievitati, etc.) la colorazione superficiale è il parametro sensoriale che maggiormente influenza il consumatore all’atto della scelta e dell’acquisto. Per il produttore non è importante soltanto raggiungere la colorazione ottimale per un certo prodotto, ma anche riuscire a garantire la sua uniformità in tutti i pezzi e in tutti i cicli produttivi. Un fattore fondamentale per garantire il riacquisto da parte dei consumatori è infatti la capacità del prodotto di mantenere le sue caratteristiche nel tempo (in particolare aspetto e sapore), caratteristiche alle quali il consumatore si è abituato. Il raggiungimento di una determinata colorazione è anche un indicatore attendibile della cottura ottimale del prodotto in base alla sua pezzatura e ai parametri di tempo, temperatura e umidità impostati nel forno. Infine, al raggiungimento di un determinato colore della superficie esterna del prodotto si associano anche altri importanti fattori sensoriali, quali gli aromi sprigionati in seguito alla formazione di prodotti della reazione di Maillard e della caramellizzazione degli zuccheri. Il colore dei prodotti da forno va poi tenuto sotto controllo anche perché ad un imbrunimento spinto si associa la formazione di sostanze tossiche e quindi indesiderate, quali l’acrilamide. Fare una valutazione visiva della colorazione superficiale dei prodotti da forno non è affatto semplice e immediato come potrebbe sembrare. In particolare negli stabilimenti industriali, ove è richiesta una elevata standardizzazione del prodotto per soddisfare le esigenze e i gusti dei consumatori, è fondamentale essere in grado di valutare tale colorazione in maniera precisa e oggettiva. L’applicazione del colorimetro diventa poi pressoché indispensabile nelle aziende di grandi dimensioni, con più di un sito produttivo (per es. multinazionali che producono e/o distribuiscono il prodotto in vari Paesi): in questi casi i parametri di colore ideali vengono stabiliti a priori, in genere dall’ufficio marketing, e forniti ai vari siti produttivi affinché il colore del prodotto in uscita sia uniforme per tutti gli stabilimenti. La valutazione soggettiva, per quanto possa essere svolta da personale esperto e addestrato, è influenzata e intaccata da una serie di variabili quali illuminazione dei locali (artificiale o naturale, quest’ultima diversa a seconda dell’ora del giorno e delle condizioni meteorologiche), angolo di osservazione, colore e illuminazione dello sfondo e degli oggetti circostanti, condizioni e preferenze individuali, etc. Tale variabilità permane anche se si esegue una valutazione accurata, per es. aiutandosi con fotografie di prodotti dalla colorazione ottimale. Una valutazione oggettiva e non dipendente da tutte queste variabili è offerta dall’utilizzo di strumentazioni in grado di valutare oggettivamente il colore, quali gli spettrofotometri (molto accurati ma ingombranti e di utilizzo piuttosto complesso) e i colorimetri (più semplici e maneggevoli, adatti anche ai controlli durante la produzione in linea).
La colorimetria
La colorimetria è una branca di studio che si occupa della misurazione del colore e trova applicazione in molti campi della ricerca scientifica, nel controllo di prodotti e di processi industriali, e ovunque sia richiesta la valutazione del colore. Il suo compito è associare alla radiazione luminosa riflessa da un certo oggetto una serie di cifre precise che ne definiscano inequivocabilmente il colore, stabilendo in pratica in modo oggettivo l’impressione visiva rappresentata dal suo colore. Lo spettro del visibile ha un range di lunghezze d’onda che va approssimativamente da 400 a 700 nm. Riportando le energie relative della luce in funzione delle varie lunghezze d’onda si ottiene una curva di distribuzione (spettro) che quantifica le caratteristiche spettrali della sorgente di luce. Questa è la curva spettrale che rappresenta le caratteristiche di colore di un certo oggetto. Attraverso funzioni x, y e z derivate sperimentalmente sono state ricavate le curve di sensibilità spettrale corrispondenti all’occhio umano, utili per esprimere il colore in numeri. Poiché però i valori x, y e z non sono facilmente comprensibili in termini di colore dell’oggetto, altre scale di colore sono state sviluppate per esprimere meglio i vari colori e le differenze di colore. Attualmente la scala colorimetrica più utilizzata è quella CIE L a b, derivata matematicamente dai valori tristimolo x, y e z. Tale scala è stata fissata nel 1976 dal CIE (Commission Internationale de l’Eclairage), ovvero l’organismo internazionale che stabilisce le norme universalmente accettate nell’ambito della colorimetria e dell’illuminotecnica. La scala CIE L a b è in realtà uno spazio di colore tridimensionale, nel quale ogni colore è definito da tre parametri numerici: il parametro “L” rappresenta la luminosità e può avere valori da 0 (assenza totale di luminosità ovvero nero) a 100 (massima luminosità ovvero bianco); il parametro “a” rappresenta i colori opposti rosso-verde: più il valore è positivo più si ha componente rosso nel colore di quel dato oggetto, mentre più il valore è negativo più si ha componente verde; il parametro “b” rappresenta i colori opposti blu-giallo: anche in questo caso blu per valori positivi, giallo per valori negativi. Tutti i colori che possono essere percepiti dall’occhio umano possono essere posizionati nello spazio di colore L a b e quindi espressi con i relativi 3 valori numerici, esprimendo di fatto ogni colore in numeri. Esiste una scala colorimetrica ideata appositamente per i prodotti da forno, basata sulle Bakery Contrast Units (BCU), con la scala calibrata in modo che una differenza di 0.1 BCU corrisponda alla minima modificazione di tonalità del prodotto percettibile visivamente. Esistono poi colorimetri, anch’essi dedicati al settore bakery, che sono in grado di fornire i dati sia nella scala BCU che nella comune scala CIE L a b. Il colorimetro usa una sorgente di luce per illuminare il campione che deve essere misurato, e analizza poi la luce che l’oggetto riflette faccendona passare attraverso appositi filtri, riproducendo in maniera rudimentale ciò che fa l’occhio umano, traducendo poi le caratteristiche della luce riflessa dall’oggetto in valori numerici oggettivi.