Aspetti legati alla qualità microbiologica nell’industria della pasta

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Le lasagne sono composte da strati alternati di pasta, salsa e besciamella. Su scala industriale, questi ultimi due ingredienti vengono cotti in modo separato e, successivamente, addizionati al prodotto finale. Durante il processo produttivo è possibile che uno degli strati venga sottoposto a contaminazioni batteriche. Lo sviluppo di tali contaminazioni dipende da un gran numero di fattori come la composizione, il contenuto di sale, il livello di umidità, l’attività dell’acqua, il pH e le condizioni di stoccaggio dell’alimento. È, inoltre, possibile che, durante la conservazione delle lasagne, i batteri migrino verso gli altri strati del prodotto. In questo contesto, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori irlandesi (Duraci et al., 2011), è stata valutata la crescita di due diversi contaminanti batterici (Escherichia coli e Staphylococcus aureus) in strati separati composti dalla salsa o dalla besciamella. Successivamente, il prodotto è stato assemblato per monitorare la migrazione di E. coli attraverso campioni sottoposti a differenti condizioni di conservazione (a 4 o -18°C). I risultati dimostrano che entrambi i batteri sono in grado di crescere sia nella salsa, sia nella besciamella dal momento che, durante un periodo di conservazione di 24 h a 37°C, è stato osservato un aumento della concentrazione microbica di 3-4 cicli logaritmici. Gli autori evidenziano, inoltre, che i fenomeni di migrazione sono decisamente meno limitati nei campioni stoccati a -18°C (e successivamente scongelati) rispetto a quelli conservati a 4°C. Contrariamente a quanto ipotizzato in altri lavori di letteratura, gli strati individuali del prodotto non costituiscono una barriera efficace al movimento dell’umidità e, di conseguenza, delle contaminazioni batteriche. In sintesi, lo studio permette di concludere che per garantire la sicurezza dei prodotti multi-strato come le lasagne è necessario massimizzare la qualità microbiologica di ogni singolo strato dell’alimento.

Tecniche analitiche per monitorare la contaminazione da Bacillus cereus
La contaminazione da Bacillus cereus è comune in diversi tipi di prodotti alimentari. Questo patogeno può causare differenti scompensi indesiderati nei consumatori (come emesi e diarrea). In particolare, la sindrome emetica è provocata dalla cereulide, una tossina resistente al calore. In uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori belgi (Delbrassinne et al., 2011), è stata valutata la velocità di produzione di tale tossina in un popolare prodotto di pasta (penne) pre-cotto e conservato per una settimana in diverse condizioni di temperatura (4, 8 e 25°C). La cereulide è stata rilevata e quantificata impiegando un metodo LC-MS (cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa) il cui limite di rilevabilità (LOD) è risultato pari ad 1 ng/mL. La crescita di B. cereus è stata, invece, monitorata utilizzando la tecnica delle conte microbiche. Lo studio dimostra che i due ceppi batterici testati, inoculati con una concentrazione iniziale di 105 CFU/g, sono in grado di superare livelli pari a 108 CFU/g, con una concentrazione della tossina pari a circa 500 ng/g, dopo soli 3 giorni di stoccaggio del prodotto a 25°C. Gli autori evidenziano, inoltre, che in queste ultime condizioni di temperatura i livelli di cereulide aumentano in modo continuo lungo tutto il periodo di conservazione, raggiungendo il picco alla fine del test (dopo 7 giorni di incubazione la concentrazione rilevata è pari a 1000 ng/g). Al contrario, lo stoccaggio del prodotto a 4°C non permette alcuna produzione rilevabile della tossina in entrambi i ceppi batterici testati. I risultati dimostrano che la temperatura limite per la sicurezza dei consumatori è 8°C: dopo due giorni di conservazione del prodotto in queste condizioni, infatti, è stato possibile rilevare una concentrazione minima di tossina, per lo meno per uno dei due ceppi batterici investigati. In sintesi, lo studio permette di concludere che la produzione della cereulide nella pasta pre-cotta dipende da diversi fattori, come il tipo di ceppo batterico e la temperatura di conservazione. Tuttavia, è necessario investigare l’influenza di altri parametri (composizione dell’alimento, pH, livello di attività dell’acqua ed altri ancora) prima di definire la shelf-life di questa classe di prodotti.

Riferimenti bibliografici
E. Durack et al., Food Control, 22, 2011, 2000-2005
L. Delbrassinne et al., Food Microbiology, 28, 2011, 1105-1109