Tecnologie alimentari, industria e ricerca

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Uno dei passi utili per riavvicinare e potenziare le piccole e medie imprese agroalimentari e l’attività di ricerca, poco perseguito nel passato, consiste in una più stretta collaborazione con il mondo universitario e delle agenzie; un’attività che si fa sul territorio, in cui le Università devono compenetrarsi maggiormente a logiche imprenditoriali, mentre l’imprenditore deve accettare questa iniezione di conoscenze.

Daniele Rossi, Amministratore delegato di Federalimentare Servizi, dichiara: “Ci sono tre modi per avvicinare l’industria alla ricerca; il primo è quello di andare di porta in porta, di impresa in impresa, soprattutto per quanto riguarda le PMI, per portare le nuove conoscenze in campo tecnologico, nutrizionale, del packaging, delle materie prime, della distribuzione, logistica e magazzini che rappresentano le aree di maggior interesse innovativo in questo contesto che è formato da oltre 6mila imprese alimentari in Italia. Il secondo modo consiste nel farsi carico delle PMI più dinamiche e inserirle nelle cordate italiane ed europee, ed è quello che stiamo facendo con SPES, la nostra società di ricerca europea, e con il cluster Agri-Food, il consorzio che ha appena vinto il bando del MIUR, che prevede circa 32milioni di euro da trasferire alle Università e alle imprese. Si tratta di risorse fresche, in parte a fondo perduto e in parte a interesse agevolato, che vanno alle imprese più interessate e più dinamiche per attività di ricerca. Il terzo passo per riavvicinare e potenziare PMI e attività di ricerca è abbastanza semplice, ma è stato poco perseguito nel passato, e cioè di una più stretta collaborazione con il mondo universitario e delle agenzie nazionali ed europee. Si tratta di un’attività che si fa sul territorio, in cui le Università devono piegarsi di più a logiche  imprenditoriali, mentre l’imprenditore deve accettare questa iniezione di conoscenze che vengono dal mondo scientifico/accademico. Si tratta di un cammino lungo, che ci ha visti impegnati da una decina di anni con la piattaforma “Food for Life”, i cui primi risultati si vedono già oggi; infatti a partecipare alla piattaforma erano inizialmente un centinaio delle 6mila imprese aderenti che facevano attività di ricerca, mentre oggi sono quasi un migliaio”.

Daniele Rossi, Amministratore delegato di Federalimentare Servizi

Ma le dimensioni aziendali possono rappresentare un handicap nel percorso di collaborazione tra impresa e istituti di ricerca? Quale il ruolo positivo delle associazioni?
“Le associazioni – risponde Rossi – hanno un ruolo importantissimo, come pure le strutture consortili, e i protocolli di intesa che si fanno con molte realtà della ricerca e dell’innovazione italiana. Credo che il primo handicap da superare sia di natura culturale: cioè avere noi e tutto il mondo associativo e quello della ricerca un linguaggio adattato e comprensibile da parte dei piccoli e medi imprenditori che sono molto affezionati al loro prodotto, per cui introdurre delle innovazioni radicali crea un certo disagio. Un fatto molto importante è quello non solo del linguaggio, ma è il superamento di alcune difficoltà che vive il medio e piccolo imprenditore, come quelle finanziarie per esempio, ragione per cui bisogna aiutare le PMI sia con crediti di imposta sulla ricerca, come chiede Confindustria, sia con risorse aggiuntive, come interessi agevolati, joint venture, così che il capitale di rischio sia condiviso e l’attività dell’impresa non sia troppo avventurosa. In questo senso stiamo creando delle figure come “il mediatore tecnico-scientifico” per le PMI, o i “business angels” che sono già attivi in molte regioni d’Italia e soprattutto all’estero e, in terzo luogo, avere delle istituzioni finanziarie, dalla BEI (Banca Europea degli Investimenti), fino alle banche sul territorio che abbiano un canale di finanziamento dedicato all’innovazione della PMI alimentare. Su questo abbiamo già fatto unitamente a Confindustria  degli accordi con il Monte dei Paschi di Siena, con Intesa S. Paolo e Unicredit: le grandi banche italiane quindi si stanno già orientando verso questo sforzo congiunto con linee di credito dedicate per far crescere le idee innovative delle PMI”.

La ricerca applicata all’innovazione nelle PMI
“Noi, come Federalimentare Servizi e Confederazione Europea Food Drink Europe – sottolinea Rossi – abbiamo sempre sostenuto quanto sia importante mantenere il doppio pedale: bisogna garantire alle imprese l’attività di ricerca e innovazione sui nuovi prodotti, quindi un’attività più radicale per identificare nuovi mercati, nuove esigenze e nuovi consumatori, senza al contempo perdere di vista l’interesse dell’industria alimentare per le innovazioni incrementali che sono piccoli passi avanti, che danno maggior valore aggiunto al prodotto, si avvicinano di più al consumatore, ma non generano una discontinuità forte nell’attività dell’impresa e nel rischio da assumere. Cito come innovazioni incrementali i nuovi porzionamenti dei prodotti, le riformulazioni, l’arricchimento di alcuni prodotti, le nuove tecnologie di servizio, come la IV e V gamma ad esempio, o le pizze surgelate, gli oli aromatizzati, le nuove carni, o ancora gli yogurt e formaggi con certe caratteristiche funzionali. Sono tutti prodotti che partono dalla tradizione ma contengono un nuovo servizio, un contenuto nutrizionale, un contenuto di uso, di packaging e funzionalità completamente nuovi, e questo fa sì che anche queste innovazioni incrementali abbiano un ruolo importantissimo per le imprese perché non favoriscono la discontinuità netta, ma hanno un carattere evolutivo sui processi – prodotti”.