I vegetali freschi sono tra gli alimenti che richiedono maggiori tempi di preparazione domestica. Per tale motivo sono molto diffusi prodotti trasformati che offrano al consumatore una maggiore comodità d’uso. Per comodità d’uso non si intende semplicemente un accorciamento dei tempi di preparazione ma anche la diminuzione dello sforzo fisico e mentale necessario alla preparazione stessa. Con i processi dell’industria alimentare è possibile evitare al consumatore alcuni o tutti i passaggi necessari, quali lavaggio e mondatura, taglio o riduzione in polpa, cottura, aggiunta di condimenti, etc. Vi è spesso poi il vantaggio aggiuntivo di dare a tali prodotti vegetali trasformati una shelf life maggiore dei pochi giorni o settimane che avrebbero come prodotti freschi, in particolare nel caso dei surgelati e degli appertizzati. Questi aspetti di comodità d’uso non devono però andare a discapito di altre caratteristiche tra cui il mantenimento delle qualità organolettiche e delle proprietà nutritive tipiche dei vegetali (contenuto di vitamine e antiossidanti).
Sfortunatamente alcuni processi di trasformazione modificano, più o meno profondamente, l’aspetto, il profilo organolettico e il valore nutritivo degli ingredienti di partenza, in particolare nel caso vengano applicati trattamenti termici spinti. Molti studi scientifici si sono occupati di valutare in dettaglio questi effetti: seguono i risultati di alcuni tra gli studi più recenti.
– Confrontando due trattamenti termici (bollitura e cottura al vapore) su vegetali surgelati (carote, cavolfiori e spinaci), è stato riscontrato che la cottura al vapore ha mantenuto meglio il contenuto di preziose sostanze antiossidanti, quali i polifenoli, in tutti i vegetali testati, e ha limitato la perdita di carotenoidi nel caso degli spinaci. I vegetali a foglia infatti, a causa del loro elevato rapporto superficie/peso, sono particolarmente sensibili alla perdita di sostanze durante la bollitura. È stato infatti confermato che tale metodo di cottura porta ad una perdita generalizzata di carotenoidi e composti fenolici, e ha anche un peggiore impatto sul colore del prodotto finale.
– Su una serie di ortofrutticoli estivi, in particolare ciliegie, albicocche, pesche e nettarine, prugne, carote e peperoni, sono stati valutati i livelli di sostanze nutraceutiche quali antocianine, carotenoidi e vitamina C, sia nei prodotti freschi che dopo bollitura (98°C per 10 minuti) o surgelazione (-20°C). È stato innanzitutto notato che i livelli iniziali delle sostanze benefiche potevano variare considerevolmente non solo in base alla cultivar ma anche a seconda della zona di origine del prodotto. È stato poi riscontrato che i trattamenti subiti dai prodotti non portavano necessariamente ad effetti negativi: sia la bollitura che la surgelazione provocano il rilascio di parte delle antocianine legate alle membrane cellulari, inoltre nel caso della bollitura si ottiene inattivazione di alcuni enzimi responsabili della degradazione dei nutraceutici stessi (per es. l’acido ascorbico ossidasi e le polifenolo ossidasi), uno dei motivi per i quali spesso gli ortofrutticoli subiscono un rapido trattamento termico detto blanching.
– Alcuni preparati a base di fragole, quali marmellate e salse spalmabili, sono stati preparati in condizioni di vuoto parziale applicando diverse temperature (70, 75 e 90°C), con l’aggiunta di diversi tipi di pectine (ad alto e basso metossile). Dopo vari periodi di conservazione, sono stati valutati i il colore e il contenuto residuo di antocianine, sostanze che danno sia colore che benefico effetto antiossidante a molti frutti. Le perdite minori si sono osservate nel caso di iniziale trattamento termico più blando, conservazione a basse temperature e al riparo dalla luce, e sistemi maggiormente gelificati (per es. marmellate anziché salse), probabilmente grazie alla minore attività dell’acqua (aw) tipica dei gel densi.
– Due zuppe vegetali (minestrone) con identiche caratteristiche, una surgelata e l’altra confezionata in asettico dopo trattamento ohmico, sono state confrontate sotto vari punti di vista, compreso il costo necessario per ogni fase dei due diversi trattamenti (compreso quello della catena distributiva). Il trattamento ohmico è un processo termico nel quale l’alimento è attraversato da un campo elettrico, la cui energia viene dissipata sotto forma di calore: questo si propaga in modo uniforme e molto rapido a tutte le parti dell’alimento (a differenza dei trattamenti termici convenzionali), limitando i danni subiti dal prodotto. Il trattamento ohmico è ideale per tutti gli alimenti liquidi o semiliquidi, anche contenenti pezzetti di notevoli dimensioni come zuppe o preparati a base di frutta. La produzione di una zuppa con trattamento ohmico seguita da confezionamento asettico è risultata più costosa rispetto alla produzione di quella surgelata (per la quale è sufficiente mescolare ingredienti a loro volta già surgelati), mentre la catena distributiva risulta più dispendiosa nel caso della zuppa surgelata a causa della necessità di mantenimento della catena del freddo. Entrambi i prodotti, una volta preparati, sono stati giudicati di qualità estremamente simile.
– Un confronto tra trattamento termico convenzionale e trattamento ohimico è stato fatto anche su dessert a base di purea di mele con all’interno frutta (pesche) in pezzi. È stata considerata in particolare la degradazione di zuccheri e di vitamina C, e anche l’entità della formazione di markers di processo termico quali l’idrossimetilfurfurale (5-HMF). Si è riscontrato che la degradazione della vitamina C dipende soprattutto da processi ossidativi, più che dal tipo di trattamento termico. Per quanto riguarda invece la formazione di sostanze tossiche quali il 5-HMF, ne sono stati riscontrati livelli molto più elevati nel caso di trattamento convenzionale rispetto a quello ohmico, che risulta in tal senso molto migliore.
– Il pomodoro è uno dei prodotti vegetali più estensivamente trasformato, grazie a comodità d’uso e vasta applicabilità in cucina di prodotti quali passate, polpe, cubetti, concentrati, salse a base di pomodoro etc. Valutando la stabilità di alcune sostanze antiossidanti quali carotenoidi, composti fenolici e vitamina C durante i vari step dei processi di trasformazione del pomodoro, si è notato che nel complesso i vari prodotti derivati mantengono buone concentrazioni delle sostanze benefiche considerate, e per alcune (per esempio il licopene) si ha addirittura un aumento della biodisponibilità. In generale i composti fenolici sono risultati più stabili rispetto ai carotenoidi sia nei concentrati che nelle salse. La vitamina C viene purtroppo drasticamente ridotta in tutti i prodotti. Per quanto riguarda i pomodori cubettati, che coprono una buona fetta di mercato grazie alla loro somiglianza al prodotto fresco, si è osservato un graduale calo del contenuto di sostanze antiossidanti durante le varie fasi della lavorazione: tale calo è influenzato in modo diretto sia dalla temperatura di processo che dal mezzo nel quale avviene il trattamento. Uno step critico è l’aggiunta finale di salsa di pomodoro ai cubetti: la presenza di cloruro di calcio (spesso aggiunto al fine di diminuire il rammollimento e l’imbrunimento del tessuto vegetale causati sia dai trattamenti termici che dall’azione degli enzimi vegetali) sembra quindi avere un effetto negativo sulla stabilità delle sostanze antiossidanti.
Conclusioni
Gli effetti dei trattamenti industriali sul valore nutritivo dei prodotti ortofrutticoli non sono sempre e soltanto negativi: vanno valutati caso per caso, essendo le matrici alimentari estremamente complesse e pesando sul risultato finale molti fattori, tra cui anche la presenza di certi additivi. Tali valutazioni sono comunque necessarie ed importanti vista la sempre maggiore attenzione dei consumatori verso scelte alimentari salutari, aspetto che di conseguenza assume anche un crescente valore di mercato.