Si parla di “approcci integrati” per ridurre, e idealmente eliminare, le deficienze di elementi nutritivi esistenti. Tra essi vi possono essere diverse strategie come la fortificazione degli alimenti, ovvero l’aggiunta dei nutrienti specifici o la creazione di cibi in cui i microelementi siano bio-disponibili. La fortificazione degli alimenti incide sulla loro qualità e comprende una serie di misure quali pratiche agronomiche, processi di trasformazione e di conservazione, nonché programmi di educazione alimentare al fine di trasmettere buone pratiche di preparazione dei cibi. A tale proposito, nel 2006, WHO e FAO hanno pubblicato Linee guida per la fortificazione degli alimenti in micronutrienti, al fine di fornire una fonte di informazione per la comunità scientifica e per l’industria alimentare, interessate a implementare processi di fortificazione. Tali linee guida illustrano alcuni principi di base per attuare tecnologie efficaci, attraverso lo studio preliminare di aspetti fondamentali, come il livello appropriato di nutrienti da addizionare ai prodotti, la stabilità degli agenti fortificanti, le interazioni che occorrono tra i diversi componenti dell’alimento e l’accettabilità da parte dei consumatori. Nei Paesi in via di sviluppo la fortificazione degli alimenti è particolarmente cruciale perché può costituire la chiave di volta per integrare l’alimentazione in modo autosufficiente. Ciò può essere realizzato andando ad integrare, a seconda delle necessità, gli alimenti prodotti dall’attività agricola degli stessi Paesi o andando a ottimizzare il loro utilizzo. Il consumo degli alimenti è variabile tra i diversi stati africani e, di conseguenza, lo è l’impatto della fortificazione sull’apporto dei nutrienti. Per stimare, dunque, gli effetti potenziali dei processi d’integrazione degli alimenti è preliminarmente indispensabile identificare e definire le principali produzioni agricole dei Paesi interessati e i loro processi di trasformazione al fine di individuare quali possano essere i carrier degli elementi nutritivi richiesti. Successivamente a tale fase preliminare, è necessario identificare quali siano i processi in grado di arricchire gli alimenti scelti, attraverso tecnologie semplici, sostenibili ed economicamente compatibili con le possibilità dei Paesi interessati. Come accennato, la fortificazione può essere intesa non solo come mera addizione di elementi nutritivi a matrici preesistenti, ma anche come corretto bilanciamento di singoli ingredienti all’interno di una ricetta alimentare. Conoscendo, infatti, la composizione di tutti gli ingredienti coinvolti, si possono determinare le diverse proporzioni con cui essi possono entrare a far parte di una miscela per raggiungere una composizione nutrizionale ottimata attraverso le loro interazioni e sinergie.
La fortificazione delle farine: studi di letteratura
Da dati mondiali, provenienti dalla Flour Fortification Initiative (FFI), si osserva che la percentuale di farina di frumento fortificata in ferro e in acido folico è cresciuta dal 18% nel 2004 al 27% nel 2007. Inoltre, anche l’accessibilità a tale risorsa da parte delle donne in gravidanza è aumentata, così come, di conseguenza, il numero di neonati la cui madre ha consumato la farina arricchita, nonostante ancora molte persone non la abbiano a disposizione (Morbidity and Mortality Weekly Report, 2008). I processi di fortificazione, dunque, sono, e stanno diventando sempre più, di grande interesse, in particolare l’arricchimento in ferro risulta di fondamentale importanza dal momento in cui vi è un’elevata incidenza di anemia da deficienza di ferro (IDA) in molti paesi. Per tali motivi il ferro è generalmente incluso in tutti i programmi di fortificazione dei cereali, nonostante la sua elevata complessità che rende l’arricchimento in tale elemento più problematico rispetto a quello con altri minerali. La WHO infatti, ha elaborato linee guida che illustrano i criteri di scelta dei fortificanti da utilizzare, così come la loro biodisponibilità, gli effetti sulla qualità del prodotto e il costo dell’intervento. La bio-disponibilità del ferro è variabile e seconda del tipo di fonte utilizzata: in forma di solfato e fumarato il minerale è facilmente assimilabile, mentre le polveri a base di ferro elementare ne inducono un minore