L’assenza di trattamento termico nel processo di conservazione che utilizza le alte pressioni idrostatiche rispetta la qualità sensoriale e nutrizionale degli alimenti, che mantengono la loro freschezza iniziale per tutta la vita utile, in linea con le esigenze di naturalità espresse dai consumatori.
Le alte pressioni idrostatiche, HPP (High Pressure Processing), sono un metodo di conservazione degli alimenti già diffuso negli Stati Uniti e in Giappone, perché hanno il vantaggio di mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche, quindi odore, colore, consistenza e sapore, e le proprietà nutritive degli alimenti trattati, garantendo, al contempo la sicurezza alimentare e una shelf life più lunga. Il trattamento HPP può essere utilizzato su molti alimenti, sia solidi che liquidi, quali salumi, prodotti lattiero-caseari, prodotti ittici, alimenti ready-to-eat, succhi e polpe di frutta, passate di pomodoro, salse.
Come funzionano le alte pressioni
Nel 1899 lo scienziato statunitense Hite ipotizzò l’utilizzo di alte pressioni idrostatiche per prolungare la shelf life del latte. La tecnologia di quei tempi non gli consentì di provare ciò che aveva solo teorizzato. Nel 1924 ci fu la prima applicazione nella lavorazione dei succhi di frutta, mentre nel 1991 fu la volta dei primi prodotti stabilizzati e commercializzati in Giappone con questa tecnica.
Attualmente sono molti i prodotti alimentari conservati grazie alle alte pressioni idrostatiche. Si tratta di impiegare pressioni dell’ordine dei 100- 1000 MPa a temperature di refrigerazione o ambiente. Si ha la disattivazione dei microrganismi indesiderati, come batteri, virus, muffe, lieviti e parassiti, presenti nell’alimento e una vita utile maggiore. L’impiego delle alte pressioni idrostatiche si basa su due principi: quello isostatico di Pascal e quello di Le Chatelier.
Il primo dice che una pressione esercitata su un liquido incomprimibile si distribuisce uniformemente in tutte le direzioni con la stessa intensità in tutti i punti del liquido e anche sulla superficie di un corpo immerso in quel liquido (in questo caso un alimento). Il secondo invece afferma che se si applica una pressione ad un sistema in equilibrio vengono favorite le reazioni che portano ad un aumento di volume per limitarne al minimo gli effetti. Si ha quindi la scissione delle molecole complesse.
Per effetto delle alte pressioni idrostatiche si rompono i legami idrogeno e i ponti disolfuro delle molecole complesse quali proteine e amido. La consistenza dell’alimento trattato diminuisce, ad esempio la carne si intenerisce, e aumenta la sua digeribilità. Nulli invece gli effetti su molecole di piccole dimensioni, come le vitamine. Questo trattamento avviene a temperature prossime a quella ambiente fino ad un massimo di circa 40-45°C, non arrecando danni ai componenti termolabili, che si mantengono inalterati rispetto all’alimento fresco.
Le alte pressioni idrostatiche prolungano la shelf life dell’alimento perché hanno su di esso un’azione sanificante, dovuta al danneggiamento meccanico della membrana cellulare del microrganismo, alla deformazione della parete e all’inattivazione degli enzimi. Ciò nonostante, esistono alcuni batteri resistenti alle alte pressioni idrostatiche. Questi possono essere distrutti con un trattamento termico più blando della normale pastorizzazione, perché indeboliti dal trattamento pressorio. Molti invece i microrganismi patogeni sensibili alle alte pressioni: Campylobacter jejuni, Citrobacter freundii, E. coli, E. coli O157:H7, Listeria monocytogenes, Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus aureus e Yersinia enterocolitica.
Interesse crescente
L’interesse delle industrie alimentari nei confronti di questa tecnologia è cresciuta in seguito alle richieste del consumatore nei confronti di prodotti alimentari con caratteristiche organolettiche e nutritive vicine al prodotto fresco e sicuri dal punto di vista igienico-sanitario.
I trattamenti termici, comunemente utilizzati nell´industria alimentare per la conservazione dei prodotti, provocano la distruzione di vitamine o il cambiamento di gusto e colore. Effetti indesiderati, che non interessano invece gli alimenti trattati con le alte pressioni idrostatiche. Può essere sottoposto al trattamento con le alte pressioni un buon numero di alimenti, sia liquidi che solidi. Nel caso degli alimenti liquidi, il trattamento può essere effettuato esercitando direttamente la pressione sull’alimento, senza bisogno che questo sia confezionato.
Gli alimenti solidi, invece, devono essere confezionati in packaging flessibile, in alcuni casi sottovuoto. In entrambe i casi, gli alimenti vengono posti in una camera cilindrica ad alta pressione, ovvero un cilindro in metallo dotato di pareti spesse. La camera viene riempita con un fluido idraulico, quasi sempre acqua, che ha il compito di trasmettere la pressione, generata da un sistema di pompe a stantuffo per alcuni minuti, all’alimento da trattare. Al termine del trattamento, la camera viene depressurizza e l’alimento rimosso. Le alte pressioni idrostatiche possono essere combinate ad altri trattamenti di conservazione per migliorare la shelf life dell’alimento trattato.
Si parla quindi di tecniche combinate di HPP con le basse o le alte temperature, con il confezionamento in atmosfera protettiva, con le batteriocine, con radiazioni ionizzanti, con il riscaldamento a microonde e così via. Nonostante l’interesse nell’utilizzo di questa tecnica di conservazione sia cresciuto negli anni, esistono alcuni problemi tecnici legati alle macchine per produrre alte pressioni, come ad esempio la necessità di operare in modo batch o al massimo semicontinuo. Inoltre, al momento, si tratta di una tecnica limitata a prodotti di elevato valore aggiunto a causa del costo legato all’investimento.
Molti i prodotti trattati
Alcuni degli alimenti che vengono trattati con alte pressioni idrostatiche sono i prodotti a base di gelatine, marmellate e salse, zuppe o minestre pronte, bibite, succhi, o spremute, frutta e verdura, alcuni formaggi, il latte, i piatti pronti, le carni processate pronte al consumo e quelle fresche, il pesce, crostacei e i molluschi. La composizione nutrizionale dei diversi alimenti influenza la sensibilità dei microrganismi all’azione delle alte pressioni idrostatiche, tanto da rendere necessarie prove per mettere appunto i valori pressioni e i tempi di applicazione per ogni tipologia di alimento trattato.
Si è visto ad esempio che un trattamento a 300-400MPa per 1-5 min alla temperatura di 30-40°C, migliora la qualità dei prodotti a base di frutta, in particolare succhi di frutta e gelatine, e ne aumenta la shelf-life, che supera 1 mese a temperature frigo. E’ stato trattato anche del paté di fegato (400MPa, 10 min, 50°C), aumentando la shelf-life (durata 13gg in refrigerazione) e migliorando la qualità igienico sanitaria. Si sono avuti anche effetti positivi sull’aroma e la consistenza di impasti di carne e di pesce (surimi) con trattamenti a100-300MPa per 30min.
Un trattamento a 100-150MPa per 4 min a 35°C, ha portato all’intenerimento delle carni sia prima che dopo il rigor mortis. Le alte pressioni idrostatiche migliorano anche la congelazione delle carni e del pesce perché si formano cristalli di ghiaccio molto piccoli. Il trattamento prevede una combinazione di 200MPa a -20°C, e a seguire un rapido ritorno alla pressione normale e una conservazione a temperature di surgelazione. La gelatinizzazione dell’amido, dovuta al trattamento (400-500MPa, 20-60 min, 4050°C), ne migliora la digeribilità da parte delle alfa-amilasi umane. Le alte pressioni idrostatiche sono state anche testate, dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, per la pastorizzazione a freddo e la sterilizzazione del Prosciutto di Parma Dop, così come per altri salumi a più breve stagionatura.
In particolare è stata analizzato l’abbattimento della contaminazione superficiale e profonda da Listeria monocytoges. Altre ricerche hanno visto protagonista il baccalà e lo stoccafisso. Le alte pressioni idrostatiche hanno consegnato un prodotto caratterizzato da un elevato contenuto di servizio e pratico, pronto da cucinare, già reidratato, con una shelf life lunga (10 volte maggiore rispetto al pesce non trattato), con un contenuto di sale molto basso e cariche batteriche minime. Il filetto di baccalà, trattato con le HPP, si conserva per un mese circa in frigorifero. Inoltre, dopo solo un risciacquo e senza stare in ammollo per qualche giorno, è pronto per essere cucinato.
Le HPP è una tecnica valida per i prodotti ready–to-eat in contenitori flessibili e sigillati, come vassoi, vaschette termoformate o sacchetti. Salse fresche refrigerate, condimenti per insalata e il segmento in crescita dei dips (salse per snack e stuzzichini) sono un esempio di applicazione di questa tecnologia.
Il processo HPP consente di ottenere una vita del prodotto molto più lunga, mantenendo la qualità organolettica e la freschezza dei suoi ingredienti. Poiché l’HPP è un processo atermico, non influenza le qualità nutrizionali del prodotto e non altera le proprietà dell’emulsione. Si tratta di prodotti pronti per il consumo ad alto valore aggiunto, che cambiano molto di sapore e proprietà se sono sottoposti alla tradizionale pastorizzazione termica o se si aggiungono additivi, acidificanti e ingredienti artificiali che aiutano la conservazione.
Con le alte pressioni, invece, questi prodotti risultano naturali, saporiti e freschi, con una lunga data di scadenza, se conservati a temperature frigorifere. Gli effetti di intenerimento e di gelatinizzazione vengono utilizzati per intenerire la carne (100-150 MPa a 20-60°C per 2-30 minuti), migliorandone la tessitura, trattare alimenti quali succhi di frutta e marmellate, paté, sughi, piatti precucinati a base di carne, pesci, ecc. In Giappone, inoltre, le alte pressioni sono usate per scongelare il pesce od ottenere prodotti ittici di nuova tessitura.
Le alte pressioni idrostatiche possono essere utilizzate anche per l’estrazione della polpa cruda dai crostacei, proponendo sul mercato un prodotto a più alto valore aggiunto, senza carapace, ma solo polpa. Permettono inoltre, l’apertura di bivalvi come le ostriche, cozze, vongole. L’uso di alte pressioni per alcuni secondi induce il rilassamento del muscolo adduttore che è responsabile del mantenimento della chiusura dei molluschi bivalvi. I gusci vengono aperti e la carne estratta con un rendimento massimo.
Durante l’apertura dei molluschi o l’estrazione della polpa, le HPP distruggono parte della microflora contaminante presente nel prodotto, aumentando la vita utile e la sicurezza igienica dei prodotti ittici, mantenendo la freschezza naturale degli ingredienti originali. Il trattamento ad alta pressione può essere effettuato anche post-confezionamento aumentando la conservazione dell’alimento.
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[…] HPP, tecnologia destinata a diventare realtà – Macchine Alimentari 23 ottobre 2017 at 17:01 […]