Innovazione nello sviluppo di prodotti senza glutine e funzionali

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A causa della crescente diffusione della celiachia, la domanda da parte dei consumatori per alimenti senza glutine è in continuo aumento. Nel presente lavoro (Y. Gao et al., 2018) vengono riassunti i principali approcci tecnologici recentemente utilizzati per migliorare la qualità di questa categoria di prodotti (in particolare, pasta e pane).

Generalmente, infatti, l’assenza del glutine influenza negativamente le caratteristiche strutturali, di cottura e sensoriali degli alimenti. I metodi più utilizzati per limitare questo fenomeno si basano sull’impiego di farine alternative (riso e mais) che, però, da sole, non sono in grado di fornire prodotti con una struttura simile a quelli convenzionali. Di conseguenza, è necessario utilizzare diversi additivi come, in particolare, alcuni tipi di idrocolloidi.

Sono, inoltre, disponibili differenti processi termici per migliorare la qualità dei prodotti senza glutine, tra cui il riscaldamento combinato ad infrarossi/microonde e la cottura per estrusione sembrano essere i più efficaci. Anche la fermentazione degli impasti mediante diversi tipi di enzimi (transglutaminasi ed alfa-amilasi) e batteri lattici (Lactobacillus sanfranciscensis) si è dimostrata promettente. Infine, la transgenesi del frumento duro è una tecnica recente che, però, necessita ulteriori approfondimenti per determinarne la reale capacità di ridurre tutte le gliadine presenti.

Concludendo, gli autori sostengono che un contributo fondamentale al miglioramento della qualità dei prodotti senza glutine possa essere dato dalla combinazione dell’utilizzo di materie prime adeguate, additivi funzionali e tecnologie di trasformazione innovative.

Influenza del processo di trasformazione e del grado di maturazione del frumento sul contenuto di fibre bioattive nel pane.

Il ricco contenuto di fibre dietetiche dei grani cereali costituisce una fonte fondamentale di molecole bioattive, tra cui beta-glucani, fruttani, amido resistente ed arabinoxilani. La biodisponibilità di questi composti nei prodotti trasformati dipende, però, da diversi aspetti fisiologici e tecnologici come il genotipo e lo stadio di maturazione del cereale, la preparazione degli impasti, il tipo di fermentazione e di processo di cottura.

In questo contesto, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori italiani (Saa et al., 2018), sono stati valutati gli effetti del grado di maturazione (non maturo e maturo) di due diversi tipi di cerali (kamut e frumento duro) e delle condizioni del processo di trasformazione (fermentazione con lievito madre o con lievito di birra) sul contenuto in composti bioattivi del pane.

In sintesi, i risultati dimostrano che i valori più elevati di tale contenuto si ottengono utilizzando le farine derivanti dai grani con grado di maturazione più avanzato e sottoposte a fermentazione con lievito di birra. Concludendo, gli autori sostengono che ulteriori approfondimenti sono ancora necessari per determinare i meccanismi che regolano questa tendenza. Tuttavia, i risultati ottenuti, seppure ancora da validare, sono da considerarsi utili per l’industria del settore nell’ambito dello sviluppo di formulazioni e di processi in grado di massimizzare la qualità funzionale dei prodotti.

Riferimenti bibliografici: Gao et al., International Journal of Food Science and Technology, 53, 2018, 19-32; D.T. Saa et al., LWT – Food Science and Technology, 89, 2018, 322-328