Regolamento (UE) 1169/2011, denominazione degli alimenti

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Denominazione merceologiche o usuali
In mancanza della denominazione legale, si ricorre a quella consacrata da usi e consuetudini o merceologica, quale torrone, caramella, succo di carota, gelato, dessert alla frutta: questi termini, infatti, non hanno in Italia una loro disciplina giuridica, che li tuteli, ma i prodotti sono conosciuti con tale nome sul mercato. Le denominazioni in parola possono essere generiche ed individuare una categoria di prodotti, ma possono anche essere specifiche di prodotto. SarĂ  cura del produttore valutare, caso per caso, quale possa essere piĂą informativa per il consumatore o piĂą utile per la valorizzazione del prodotto. Nel settore dei gelati, ad esempio, è senz’altro preferibile l’uso di denominazioni specifiche quali cassata, granita, in luogo di gelato. Nel settore dei prodotti dolciari sono conosciuti i nomi “sfogliatella”, “babà”, “meringa”, “mont blanc”, che rispondono a caratteristiche ormai tradizionali, anche se può avvertirsi la necessitĂ  di ulteriori precisazioni per far meglio comprendere al consumatore l’esatta natura del prodotto, nel rispetto degli usi locali leali e costanti. Un prodotto dolciario, ad esempio, molto diffuso nel periodo di carnevale, è chiamato “Frappa” a Roma, “Chiacchiere” a Firenze e a Napoli e così via. Di tale aspetto occorre tener conto per rispondere alle aspettative del consumatore. Un prodotto che, col nome attualmente usato, può creare problemi è il cosiddetto formaggio “Caprino”, ottenuto con latte vaccino. La denominazione del prodotto non è prescritta da alcuna disposizione. PoichĂ© il nome richiama il latte di capra, non utilizzato, il suo nome non può non indurre in errore il consumatore sulla identitĂ , a norma dell’art. 7 del regolamento.

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Denominazione descrittiva
In mancanza della denominazione legale, di quella merceologica o tradizionale, di quella consacrata da usi o consuetudini, si ricorre ad una descrizione del prodotto, accompagnata, se necessario, da informazioni sulla sua natura e/o sulla sua utilizzazione, onde evitare che il consumatore possa confonderlo con prodotti analoghi. E’ il caso soprattutto dei prodotti di fantasia, i cui nomi sono talvolta brevettati. Molto in uso sono i cosiddetti prodotti gastronomici pronti per l’uso o semilavorati e le preparazioni alimentari, termini non definiti, ma pur sempre di fantasia, il cui nome va completato da una descrizione del prodotto con riferimento alla sua natura e/o alla sua destinazione d’ uso: preparato per gelateria. A volte il nome fa riferimento ad una specifica composizione tradizionale e conosciuta tale dal consumatore (es.: Insalata russa), a volte al metodo di produzione o alla tecnologia di produzione adottata (es.: Cotoletta milanese) o ad un termine che ha un preciso significato per il consumatore (es: Tagliolini alla norma cioè con melanzane). Mentre il prodotto gastronomico, destinato direttamente al consumatore, necessita di idonea etichettatura, che faccia immediatamente capire la natura del prodotto, la cosiddetta preparazione alimentare, destinata ad artigiani o ad utilizzatori professionali, non necessita di particolari precisazioni: i destinatari sono professionisti della materia ed acquistano secondo le loro esigenze o in base ai loro capitolati di acquisto, ferma restando l’esigenza di sufficienti informazioni da parte dei fornitori soprattutto per poter adempiere agli obblighi prescritti. Altra situazione riguarda talune preparazioni alimentari a base di ortaggi, immesse in olio o in aceto. Comunemente sono designati con la dicitura “Sottoli” o “Sottaceti”. Il termine, anche se ormai è di uso comune, va completato con un riferimento alla tipologia di prodotto, evidenziando l’effettivo contenuto (peperoni, carciofini, melanzane, ecc.). Questi prodotti poi non rispondono ad una ricetta precisa; gli operatori amano diversificarsi, creando varianti locali, anche in vista di ottenere prodotti finiti di particolare qualitĂ , sostituendo, ad esempio, gli oli di semi con olio extravergine di oliva o sottoponendo a particolari trattamenti le materie prime (es. peperoni grigliati). Il problema che si pone in materia riguarda l’uso di denominazioni descrittive che dovrebbero avere una valenza comunitaria; soprattutto nomi di fantasia utilizzati in luogo di altri, talvolta, non sono graditi oppure sono tali da non identificare con precisione il prodotto.
Prendiamo degli esempi per comprenderci:
“Bocconcini”, “Arancini” e simili: dovrebbero tutti essere precisati con riferimento al nome generico della categoria di appartenenza, con diciture quali:
“Bocconcini – formaggio fresco a pasta filata”;
“Bocconcini – prodotto dolciario con crema di nocciola e cacao”;
“Arancini – prodotto gastronomico con pomodoro e mozzarella”;
“Sofficini – prodotto gastronomico con mozzarella e prosciutto cotto”.