Industria della pizza: formulazioni e metodi analitici innovativi

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Effetto della riduzione del contenuto di cloruro di sodio sulla qualità della pizza

Il cloruro di sodio (NaCl) viene ampiamente utilizzato nella formulazione di diversi prodotti alimentari grazie alla sua capacità di esaltarne il sapore e l’aroma, migliorandone la conservabilità e le proprietà tecno-funzionali.

Tuttavia, dosi eccessive di questo composto sono associate a fenomeni di ipertensione ed a scompensi cardiovascolari. In questo contesto, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori internazionali (Bernklau et al., 2017), viene valutata la possibilità di ridurre il contenuto di NaCl, sostituendolo parzialmente con il cloruro di potassio (KCl), in impasti per pizza.

In particolare, durante la sperimentazione, sono stati analizzati gli effetti sia sulle caratteristiche strutturali, sia su quelle sensoriali del prodotto. Inoltre, i cambiamenti micro-strutturali sono stati quantificati utilizzando un metodo innovativo per l’analisi della rete proteica dei campioni, basato sull’utilizzo della microscopia confocale a scansione.

I risultati evidenziano che una riduzione dell’NaCl fino al 15% rispetto al livello inziale non altera in modo significativo le caratteristiche strutturali della crosta della pizza. È stato, inoltre, osservato che la parziale sostituzione di questo composto con il KCl provoca un moderato aumento della forza degli impasti e, conseguentemente, della tenacità del prodotto finale.

L’aggiunta di condimenti, come la salsa di pomodoro, si è dimostrata in grado di mascherare l’effetto della riduzione del contenuto di NaCl sulle caratteristiche sensoriali della pizza: ciò ha permesso di diminuire il livello dell’NaCl fino al 35% rispetto al valore inziale. Tuttavia, i campioni con il punteggio più elevato dell’accettabilità sensoriale sono risultati quelli preparati riducendo l’NaCl del 25% e sostituendolo parzialmente con il KCl.

Infine, secondo gli autori, le condizioni operative del processo di lievitazione (durata e temperatura) degli impasti esercita effetti significativi sulla struttura del prodotto e sulla possibilità di variarne il contenuto di sali (NaCl/KCl). L’analisi di tali effetti necessita, però, ulteriori approfondimenti ed una sperimentazione specifica.

Sviluppo di un metodo PCR per la rilevazione della presenza di Kazachstania servazzii in prodotti di pizza.

Il microrganismo Kazachstania servazzii è un lievito caratterizzato da interessanti proprietà biotecnologiche, ma anche associato ad indesiderati eccessi di produzione di gas in prodotti confezionati (in particolare, prodotti di pizza). Di conseguenza, l’industria del settore necessita di disporre di metodi analitici in grado di determinare la presenza di tale microrganismo, in modo rapido ed affidabile, in diverse matrici alimentari.

In questo contesto, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori belgi (Spanoghe et al., 2017), viene sviluppata una nuova metodologia basata sull’utilizzo della real time PCR (reazione a catena della polimerasi) per la determinazione e la quantificazione di K. servazzii in diversi campioni commerciali di pizza confezionata. In particolare, il microorganismo viene identificato attraverso la regione ribosomiale ITS1-5.8S-ITS2, mentre la quantificazione è stata resa possibile mediante l’impiego di diluizioni seriali di plasmidi contenenti la sequenza target del ceppo microbico.

I risultati evidenziano che il metodo proposto è sufficientemente specifico ed affidabile per essere utilizzato in analisi di routine per la determinazione del contenuto di K. servazzii in prodotti di pizza. Dal momento che il grado di rigonfiamento delle confezioni sembra dipendere da diversi fattori biochimici, oltre che dalla formulazione degli alimenti, gli autori suggeriscono ulteriori approfondimenti volti ad approfondire questi aspetti applicando, ad esempio, il metodo, in modo specifico, sui singoli componenti del prodotto. Ciò aiuterebbe non solo ad identificare le condizioni che favoriscono i fenomeni di produzione di gas, ma anche ad identificare le sorgenti delle contaminazioni.

Riferimenti bibliografici: Bernklau et al., Food Chemistry, 234, 2017, 398-407Spanoghe et al., Food Microbiology, 62, 2017, 133-140