Cioccolato, cos’è il “fat blooming” e come si può evitare?

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Uno dei difetti più evidenti che talvolta si può manifestare nei prodotti a base di cioccolato è quello che viene definito “affioramento del grasso (fat-blooming)” e che può presentarsi sotto diverse forme, quali, la presenza di macchie, imbiancamento superficiale, eccessiva tendenza alla fusione, ecc.

Tutte situazioni che caratterizzano la superficie del prodotto ma che, in pratica, tendono a deprezzarlo. Una più precisa conoscenza della struttura cristallina del burro di cacao e dei grassi associati, unitamente a tecniche sviluppate nell’industria del cioccolato, hanno evitato che l’affioramento del grasso fosse un serio difetto della produzione moderna. Qui di seguito proviamo a riassumere alcuni punti importanti che ogni tecnologo del cioccolato dovrebbe tenere bene a mente durante il processo di produzione.

Dalla raffinazione al temperaggio

Per prima cosa il cioccolato deve essere ben raffinato e concato in modo tale da ottenere una buona distribuzione dei solidi (zucchero, solidi del latte, solidi del cacao, ecc.) dispersi nel burro di cacao ed altra materia grassa eventuale. La fase successiva, il temperaggio del cioccolato, è di grande importanza per dare stabilità al prodotto che si vorrà ottenere.

Un ulteriore accorgimento è che, se si adopera un cioccolato viscoso (per vari motivi, anche di risparmio sul burro di cacao, o per ottenere particolari spessori nelle ricoperture), è importante assicurarsi che l’operatore alla macchina (la temperatrice) non faccia alzare eccessivamente la temperatura del cioccolato per ottenere una maggiore fluidità e, pertanto, riduca il temperaggio a un livello pericoloso.

Quando, invece, si adoperano temperatrici automatiche, conviene farle lavorare alla giusta produzione, qualunque sia la domanda. Una volta terminata questa fase, è basilare che si proceda con un raffreddamento moderato, specialmente per i cioccolatini ricoperti. Ulteriore elemento da tenere ben in mente è che occorre evitare l’aria a bassa temperatura nelle prime fasi del raffreddamento. Altri punti degni di note che bisogna avere bene in mente sono:

  • Gli stampi per il modellaggio del cioccolato devono essere scaldati prima di ricevere il colaggio del cioccolato. Solitamente è buona norma portare la loro temperatura alla stessa del cioccolato al colaggio. Nel caso si mescolino nel cioccolato, nocciole, noci, mandorle, uva passa, biscotti ecc., questi devono essere riscaldati alla temperatura del cioccolato.
  • Nella fase di ricopertura occorrerà riscaldare i centri da ricoprire, prima dell’operazione: la loro temperatura non deve mai essere inferiore ai 24°C però, secondo la viscosità del cioccolato e la misura dei centri, la temperatura può essere portata a 29°C. A temperature superiori il cioccolato potrebbe colare via dai prodotti, formando delle flange sul fondo.
  • Nel caso si rendessero necessarie aggiunte di grassi diversi dal burro di cacao, assicurarsi la compatibilità degli stessi con il burro di cacao.

Un consiglio che vale la pena ricordare è quello di non permettere che cioccolatini, tavolette ecc., appena modellati o ricoperti, siano manipolati da mani calde. Inoltre, è necessario assicurarsi che il raffreddamento del fondo sia adeguato, in maniera che si stacchino facilmente dal nastro trasportatore o dalle placche sulle quali vengono appoggiati i prodotti smodellati o ricoperti.

Abrasioni e segni di dita possono provocare affioramenti. Un ultimo aspetto che preme sottolineare è che l’immagazzinaggio del cioccolato finito a basse temperature (10-16°C) è adeguato a molti scopi. Una temperatura di 7-10°C, probabilmente, è migliore per biscotti al cioccolato con ripieni grassi. Il congelamento è stato provato per stoccaggi molto lunghi (12-18 mesi) con risultati promettenti.

Occorrerà però riscaldare il prodotto accuratamente, quando si preleverà dal magazzino, per evitare il cosiddetto “punto di rugiada”. In ogni caso sono sempre da evitare stoccaggi sottoposti a sbalzi termici: è meglio una conservazione a temperatura elevata (18-24°C), ma costante, piuttosto che avere ambienti in cui la temperatura varia da un giorno all’altro o anche più repentinamente.

Una goccia d’acqua distillata

Occorre, comunque, ricordare che non sempre l’imbiancamento del cioccolato è dovuto all’affioramento del grasso. Può succedere che, quando il prodotto esce da tunnel o da armadi di raffreddamento e l’ambiente di raccolta non si trovi a temperatura idonea, si formi – come visto in precedenza – un leggero strato di condensa (punto di rugiada) che andrà a solubilizzare gli zuccheri in superficie generando una patina biancastra.

In maniera molto empirica si è soliti verificare se ci si trovi in presenza del fenomeno di “fat-blooming” oppure no, semplicemente ponendo una goccia d’acqua distillata sulla superficie imbiancata: se permarrà la patina bianca sotto la goccia, allora si tratterà di grasso affiorato, se invece si genererà un alone scuro, allora l’imbiancamento sarà dovuto agli zuccheri.

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