Estrazione con anidride carbonica, nastri trasportatori a vapore secco e raffreddamento sottovuoto

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L’efficacia della tecnologia vacuum cooler e il tempo necessario a portare a termine il processo, inoltre, non dipendono dalla quantità di prodotto inserito (al contrario di quanto avviene in celle o tunnel di raffreddamento). Infine, grazie soprattutto alla rapidità del processo, si evince un notevole risparmio energetico per l’industria alimentare che applichi tale tecnologia. Un possibile problema del raffreddamento sottovuoto è la maggior perdita di peso che il prodotto subisce rispetto alla tecnologia tradizionale. Durante il procedimento di raffreddamento sottovuoto infatti, una certa parte dell’acqua libera è convertita in vapore acqueo all’interno della mollica, cosa che non avviene nel caso di raffreddamento a temperatura ambiente o refrigerato: questo può spiegare il leggero maggior calo peso. La minore umidità all’interno del prodotto potrebbe però consentire una migliore e più prolungata shelf life del prodotto stesso. Inoltre applicando il vacuum cooling la distribuzione di umidità nel prodotto sarà più uniforme: questo significa, a lato pratico, ottenere prodotti da forno che hanno una crosta meno secca e dura, e una mollica meno umida. Ma il vantaggio davvero preponderante del raffreddamento sottovuoto rispetto a quello classico è l’estrema rapidità del primo: le tradizionali tecnologie di raffreddamento (celle frigorifere, tunnel di raffreddamento) sfruttano il trasferimento di calore dall’alimento da raffreddare all’aria circostante, in base al fenomeno della convezione e in piccola parte a quello della conduzione. Tali fenomeni fisici sono notoriamente lenti, soprattutto in assenza di ventilazione forzata, inoltre sono via via rallentati dal diminuire del Δ termico tra alimento e aria; sono inoltre poco efficienti nel caso di alimenti con scarso rapporto superficie/volume, soprattutto se di elevate dimensioni (difficoltà nel raffreddare il prodotto al cuore). Un importante parametro da considerare è poi il dispendio energetico necessario all’alimentazione di tali strumentazioni, visti anche i tempi prolungati necessari all’abbattimento della temperatura fino a livelli accettabili e il sovraccarico di alimenti da raffreddare con cui spesso le celle o i tunnel sono caricati. Il raffreddamento sottovuoto permette poi di ottenere vantaggi aggiuntivi, in particolare nel caso dei prodotti da forno, quali maggiore volume e maggiore sofficità: tali prodotti presentano infatti migliore struttura, omogenea distribuzione dell’umidità, shelf life prolungata, aumento di volume e di sofficità. Oltre a rendere estremamente più veloce il raffreddamento, in particolare di prodotti lievitati, il vuoto può quindi essere convenientemente impiegato per migliorare la fragranza dei prodotti e svilupparne il volume. Siccome l’intero prodotto è esposto all’effetto refrigerante, si ha la certezza che anche il cuore del prodotto sia refrigerato, anzi generalmente è il punto più freddo (fatto molto importante soprattutto per i prodotti ripieni). La forma del prodotto è stabilizzata grazie alla riduzione di pressione, così che la contrazione di volume (ca. 10%) tipica del prodotto raffreddato convenzionalmente, viene eliminata. I parametri di processo sono costanti e riproducibili nel tempo, il risultato finale è indipendente dalle condizioni ambientali esterne (temperatura, umidità, etc.), e soprattutto si ha marcata riduzione dei tempi e degli spazi post-forno, con ovvio vantaggio organizzativo, economico ed igienico: con le tecniche di raffreddamento tradizionali infatti, sia in aria ferma che forzata, il prodotto sosta in ambienti che possono presentare rischi di contaminazione e/o favorire lo sviluppo di muffe e altri microrganismi. Il raffreddamento sottovuoto può essere vantaggiosamente impiegato anche per prodotti come pizze, pasta sfoglia, dolci da ricorrenza e prodotti di pasticceria.

Bibliografia
(1)    L. Garcia-Gonzales et al., 2007. High pressure carbon dioxide inactivation of microorganisms in food. International Journal of Food Microbiology, 117:1-28.