Obiettivo sicurezza alimentare

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Materiali non normati

 Valter Rocchelli, Amministratore Delegato di IRPACK srl

Valter Rocchelli, Amministratore Delegato di IRPACK srl

Come ricorda Valter Rocchelli, Amministratore Delegato di IRPACK srl (Istituto di Ricerca e Consulenza sul Packaging), “Quando si affronta il tema della sicurezza alimentare in relazione al contatto con componenti di macchine di processo dell’industria alimentare e al packaging, si fa sempre riferimento al regolamento 1935/2004 che regola tutti i materiali a contatto con gli alimenti, e non solo gli imballaggi: in questo ambito infatti rientrano, come si è detto, le macchine per il processo industriale come pure altre macchine (macchine per il caffè, elettrodomestici, distributori automatici di caffè e bevande). I produttori devono quindi seguire tutte le normative previste per il contatto alimentare, in particolare con riferimento ai materiali che hanno delle regolamentazioni specifiche, come la plastica che, a livello comunitario, prevede una legislazione armonizzata, e altri materiali oggetto però, al momento, di sole normative a livello nazionale. In particolare in Italia, alcuni materiali sono normati in modo specifico dal decreto ministeriale 21/3/73 e successive modifiche ed da altri atti legislativi nazionali. Questi materiali sono l’alluminio (D. n. 76 del 18/04/2007), la banda stagnata e la banda cromata, l’acciaio inossidabile, il vetro e le gomme, tutti materiali che possono far parte di un impianto industriale o di un elettrodomestico. Si deve quindi fare riferimento a queste normative specifiche per i materiali citati, ovviamente tenendo sempre conto che la conformità specifica per materiale e correlata alla conformità con il regolamento 1935/2004 CE. Cosa dovrà fare quindi chi assembla una macchina e la consegna al proprio cliente? Deve farsi rilasciare, per tutti gli elementi che compongono la macchine e che vanno a contatto con gli alimenti sia in modo diretto che indiretto, la dichiarazione di conformità, redatta dal produttore o distributore del componente in questione. La dichiarazione di conformità deve contenere i riferimenti legislativi, cioè il regolamento 1935/2004 CE, il DPR 777/82 e le altre disposizioni specifiche secondo il materiale impiegato”. “La legislazione italiana – prosegue Rocchelli – è forse la più completa, non solo a livello europeo ma, probabilmente, a livello mondiale perché regola, in modo mirato, un vasto numero di materiali. La normativa italiana quindi può essere ritenuta come punto di riferimento anche per quanto riguarda il mercato europeo. Infatti se un Paese non ha una regolamentazione specifica per un particolare materiale, deve accettare la dichiarazione di conformità proveniente da un Paese comunitario, in questo caso l’Italia, che ha una normativa su quel materiale”.

Industrielle Lebensmittelproduktion0

Valutazione del rischio
Come ha esplicitato Maria Rosaria Milana, sempre nell’ottica di una maggiore tutela del consumatore, l’Istituto Superiore di Sanità ha avviato il “Progetto Cast 2”, linee guida per i produttori di materiali e oggetti destinati al contatto con alimenti affinché possano adempiere agli obblighi legislativi. “Il Progetto CAST – osserva Rocchelli – è non solo molto interessante, ma molto utile per gli operatori del settore, indipendentemente dalle problematiche relative alle macchine e agli impianti, perché vale per tutti i materiali a contatto con alimenti, quindi facilita molto la conoscenza delle normative in base alle quali il produttore o il trasformatore stilerà la dichiarazione di conformità. Un altro aspetto tecnico/legislativo importante riguarda i materiali che non hanno una normativa specifica. Il riferimento, in ogni caso, è il già più volte citato regolamento 1935/2004 CE, in particolare l’art.3 il quale stabilisce che i materiali a contatto con alimenti non devono cedere sostanze in quantità tale da rendere pericoloso per la salute l’alimento stesso, alterarne la composizione e le caratteristiche organolettiche. L’art.3 presuppone quindi che, se un materiale non ha una regolamentazione specifica, deve essere sottoposto comunque a una valutazione del rischio per verificare la conformità allo stesso art.3. Dal punto di vista operativo come si deve procedere? L’art. 3 dispone che vada effettuata la valutazione del rischio ma non dice come, cioè non indica alcuna modalità operativa. La valutazione del rischio va prodotta quindi caso per caso, con modalità operative che dipendono dal materiale in valutazione; per esempio, negli impianti e nelle macchine (elettrodomestici) spesso si trovano componenti costituiti da metalli o leghe che non sono tra quelli regolamentati in modo specifico. Si potrebbe trattare, per esempio di acciaio non inossidabile che non ha una regolamentazione specifica come l’acciaio inossidabile, oppure potrebbero essere leghe come il bronzo o l’ottone; in questi casi bisogna effettuare la valutazione del rischio considerando l’applicazione reale dell’oggetto costruito con il materiale non specificatamente regolamentato. Ad esempio, nel caso di una valvola o di un rubinetto costruito in ottone si esegue uno studio analitico per verificare eventuali cessioni degli elementi che compongono la lega stessa e/o degli elementi che possono essere contenuti come impurità della lega; è fondamentale che queste verifiche vadano eseguite, nel limite del possibile, con l’alimento effettivamente processato”. “L’incontro organizzato da Ucima e Istituto Italiano Imballaggio lo scorso febbraio (“Food and general contacts Machinery 2014”) – conclude Valter Rocchelli – è stato un avvenimento importante in termini di presa di coscienza di un problema. Infatti anche i costruttori di macchine devono prendere atto che esiste e che deve essere rispettata, oltre che la “Direttiva Macchine” sulla sicurezza degli impianti, anche questa normativa sui materiali a contatto con gli alimenti”.