Nuove strategie per la riduzione di micotossine nella pasta e per il monitoraggio della shelf-life di panini per hamburger

1990

Valutazione dell’efficacia di trattamenti con ozono sul contenuto in micotossine e sulla qualità di pasta di frumento.

Il deossinivalenolo (DON), prodotto da diverse specie di Fusarium, si ritrova frequentemente come contaminante naturale nel frumento e, di conseguenza, può essere presente nei loro derivati. Spesso lo si ritrova associato a livelli significativi della sua forma modificata DON-3-glucoside (DON-3-Glc). L’ozono (O3) è un potente disinfettante ed ossidante classificato come GRAS (generalmente riconosciuto come sicuro).

Esso reagisce facilmente con molti composti specifici, compreso le micotossine, degradandoli in soluzione acquosa: perciò, l’O3 è considerato potenzialmente efficace anche per la decontaminazione dei grani. In questo contesto, in uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori italiani (Solfrizzo et al., 2017), sono riportati i risultati sull’efficacia di trattamenti con O3 per la riduzione di DON, DON-3-Glc, batteri, funghi e lieviti in frumento duro contaminato naturalmente, valutando, contemporaneamente, l’effetto sulla pasta da esso derivata.

Per la sperimentazione è stato utilizzato un prototipo, costituito da un cilindro rotante, contente il campione di cariossidi da trattare, in cui veniva insufflato O3 a diverse concentrazioni e tempi di esposizione. Lo studio ha permesso di identificare le condizioni ottimali (55 gO3 h-1 per 6 h) per la diminuzione dei livelli di contaminazione del frumento, senza alterare i parametri chimici e reologici della semola e della pasta da esso ottenute.

Le riduzioni medie di DON e DON-3-Glc sono, rispettivamente, del 29 e 44%. Concludendo, gli autori evidenziano il fatto che l’ozonizzazione comporta, inoltre, una significativa riduzione del conteggio totale di batteri, funghi e lieviti.

Monitoraggio della shelf-life e della qualità sensoriale di panini per hamburger tramite ATR-FT-IR ed analisi Survival

La shelf life di un alimento è definita come il periodo di tempo che corrisponde ad una tollerabile diminuzione della qualità di un prodotto alimentare, mantenuto in definite condizioni. Le forme più frequenti di deterioramento a cui i prodotti da forno possono andare incontro sono: il raffermamento, la contaminazione microbica, le modificazioni delle caratteristiche reologiche, di colore e del profilo aromatico, oltre che la perdita o l’assorbimento di umidità.

La definizione della shelf-life di questa classe di prodotti è stabilita principalmente attraverso l’analisi microbiologica, spesso supportata dall’analisi sensoriale. Quest’ultima richiede, però, un panel specializzato e tempi lunghi. In uno studio recente, effettuato da un gruppo di ricercatori italiani (Condurso et al., 2017) viene sviluppato un metodo spettroscopico per verificare eventuali variazioni nella qualità di pane per hamburger durante la sua shelf-life. Sono stati, quindi, analizzati 70 campioni, appartenenti allo stesso lotto di produzione, per un periodo complessivo di 90 giorni a partire dalla data di confezionamento.

Le analisi sono state condotte utilizzando la tecnica FT-IR ATR, senza alcuna preparazione del campione. Contestualmente, sugli stessi campioni, è stata eseguita l’analisi sensoriale, utilizzando il metodo Survival, e sono stati valutati i parametri microbiologici per lieviti e muffe. L’elaborazione statistica dei dati spettroscopici ha consentito di rilevare variazioni compositive a carico del prodotto ancor prima che queste determinassero alterazioni sensoriali percepibili dal panel. La metodica sviluppata può, dunque, essere utilmente utilizzata per la definizione della shelf-life dei prodotti da forno.

Riferimenti bibliografici

Solfrizzo et al., 11° Convegno AISTEC, Roma, 22-24 Novembre 2017, 83; Condurso et al., 11° Convegno AISTEC, Roma, 22-24 Novembre 2017, 51