Bakery da red carpet

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A differenza di alcuni vostri diretti concorrenti offrite formati piuttosto grandi 700-1000 grammi…
Quando progettiamo un prodotto ci affidiamo al principio “High quality – Smart price”, ossia qualità altissima ad un prezzo ragionevole. La prima colazione è un momento di consumo ripetuto, non ha senso focalizzarsi su mini-formati che una famiglia attenta ai prezzi – o comunque a non sprecare – non comprerebbe mai. I primi consumatori siamo noi e le nostre famiglie. Rispettiamo i nostri clienti perché l’azienda dipende dalla loro soddisfazione.

Come vi rapportate alle grande distribuzione?
Il rapporto con la grande distribuzione non è sempre facile e deve essere gestito in un’ottica di massima collaborazione, senza scontri. La distribuzione è il mezzo per arrivare al consumatore ed è quindi un partner importante. A mio parere è fondamentale avere sempre rapporti corretti con tutte le componenti del lavoro, fornitori, clienti, sistema finanziario, pubblica amministrazione. Per lavorare bene ci vuole equilibrio e rispetto per tutti senza ovviamente rinunciare a far valere le proprie ragioni quando è il caso di farlo.

Locandina pubblicitaria 1956LA COMUNICAZIONE
In un periodo di crisi avete anche investito molto in pubblicità tradizionale e sponsorizzazioni sportive…
Un buon prodotto deve essere ben raccontato. Abbiamo investito molto in marketing e comunicazione, dapprima in pubblicità televisiva e radiofonica e dal 2010 siamo entrati nel mondo dello sport. Abbiamo iniziato a pubblicizzare i biscotti nel 2006 con un abissale ritardo rispetto ai concorrenti; dovevamo recuperare. La pubblicità tradizionale costa parecchio, ma se un’azienda ha disponibilità economiche non pone barriere all’entrata. Il marketing sportivo ha delle notevoli barriere all’ingresso, soprattutto se lo si affronta ad alti livelli, ma ha fatto subito la differenza. Dal 2010 al 2012 abbiamo sponsorizzato la maglia della Juventus e siamo tuttora sponsor ufficiali della squadra. La Juventus è stata scelta, non tanto per fede sportiva, quanto per la sua centralità mediatica. È la squadra italiana che può contare sul maggior numero di tifosi e nel mondo ed è sinonimo di calcio italiano. La sponsorizzazione ha trasferito parte del blasone Juventus sul nostro marchio. Nel 2013, il logo Balocco è stato sulla maglia rosa del giro d’Italia; un’esperienza positiva che ripeteremo quest’anno. Abbiamo fatto investimenti molto visibili e un po’ fuori dalla nostra portata, ma n’è valsa la pena.

Progetti per il futuro?
Negli ultimi 10 anni, il nostro fatturato è cresciuto al tasso costante di un milione di euro al mese. Il giro d’affari è passato dai 60 milioni di euro del 2004 ai 157 milioni di euro del 2013. Nel medesimo periodo l’incremento medio annuo è stato superiore al 10%. Nel 2013 l’organico medio ponderato, tenuto conto dei picchi stagionali, ha raggiunto 323 addetti; negli ultimi cinque anni è cresciuto del 20% circa. Vogliamo continuare a crescere nell’area bakery dove abbiamo in corso diversi progetti relativi a prodotti e distribuzione. Siamo inoltre interessati ad entrare in nuove aree di consumo. Lo stabilimento di Fossano ha oggi una superficie coperta di 44 mila metri quadri, ne abbiamo a disposizione altri 16 mila. Preferiamo costruire qui, per continuare ad ottimizzare le risorse e per non dover raddoppiare i servizi.

Nonostante la crisi in Piemonte e soprattutto nella zona di Cuneo, la vostra e diverse altre aziende crescono e creano occupazione, quale è il segreto di questa isola felice?
Non è tutto oro quel che luccica. La nostra zona ha avuto meno problemi di altre ma comunque problemi. Il segreto delle aziende del cuneese è nello spirito contadino che abbiamo ereditato dai nostri avi. In agricoltura non si ha mai la certezza del raccolto, perché intervengono fattori incontrollabili, per esempio il clima. Per questo, qui si ha da sempre una spiccata propensione al risparmio, fattore che ha fatto la differenza in questo periodo. La crisi è stata ed è soprattutto finanziaria, aziende economicamente solide sono state costrette a chiudere per mancanza di liquidità. Nella nostra provincia più che in altre aree del Piemonte, fare impresa ha sempre significato stringere i denti, rimboccarsi le maniche, lavorare sodo e condurre uno stile di vita sobrio. Questo ha consentito di continuare ad investire quando altri portavano i libri in tribunale ed oggi Cuneo, un posto fuori dal mondo, attira talenti da ogni parte d’Italia e non solo.